28 ottobre, 2008

Giovani padani: "Siamo invasi dai terroni"

«Non è giusto, siamo invasi! Ovunque ti giri sei sommerso da ‘sti qui che vogliono comandare loro, mi fanno venire la nausea», sbotta una novarese. «Troppi, ce ne sono troppi, meglio non contarli», avverte un utente di Mondovì. «Ce ne sono tanti, ma molti dei loro figli crescono innamorati del territorio in cui sono nati e cresciuti», replica un più magnanimo iscritto ligure. Ennesimo confronto su immigrazione ed invasioni islamiche? No. Il sito è quello dei Giovani Padani e l'oggetto della conversazione è quanti siano i meridionali residenti nel nord Italia.

Lamentando la mancanza di dati ufficiali («purtroppo nessuno ha mai pensato di fare un censimento etnico in Padania, poiché siamo tutti "fratelli italiani"»), sul forum del movimento giovanile leghista con dovizia vengono incrociate fonti diverse per tentare una risposta all'inquietudine che pare togliere il sonno ad alcuni simpatizzanti.

Così, servendosi del censimento del 2001, delle analisi di studiosi dialettali e di quelle relative alle migrazioni interne del dopoguerra (con una certa approssimazione dovuta all'impossibilità di conteggiare con precisione i «meridionali nati al nord da genitori immigrati o da matrimoni misti padano-meridionali»), alla fine, tenendo comunque conto «del tasso di fecondità dei centro-meridionali in base al quale è possibile stimare 3 milioni di discendenti meridionali nati in Padania, compresi i bambini nati da coppie miste», il verdetto è di «9 milioni di individui, tra centro-meridionali etnici e loro discendenti puri o misti».

Una stima al ribasso secondo un utente milanese che rileva, nelle statistiche, «la mancanza dei clandestini, cioè di quelli che sono qui di fatto ma non hanno domicilio o residenza padane».

Dati eccessivamente gonfiati, al contrario, per un altro giovane lombardo: «Credo proprio che il meridionale al nord, specie se sposato con una padana, figli meno rispetto al meridionale che sta al sud». Una ragazza di Reggio Emilia taglia corto: «Non so quanti siano, non mi interessa il numero, so solo che sono troppi e che stanno rovinando una zona che era un'isola felice. Girando per strada difficilmente si incontra un reggiano! Purtroppo stiamo diventando una minoranza e i meridionali la fanno da padrone».

La Lega ha oramai ha allargato il proprio bacino elettorale, pertanto nella conversazione si inserisce anche un simpatizzante salernitano, il quale, invocando clemenza («io sono meridionale ma amo la Lega e odio i terroni che vengono qui al nord per spadroneggiare e per rompere i coglioni»), cede al medesimo meccanismo di autodifesa manifestatosi durante la recente campagna mediatica e politica anti-rom, quando non pochi cittadini rumeni hanno rivendicato distinzioni etniche dai connazionali residenti nei campi nomadi. Perché nel gioco all'esclusione c'è sempre chi sta peggio: «Certi meridionali non possono essere espulsi perché italiani, ma, se si potesse fare una bella barca, sopra ci metterei i meridionali che non lavorano e gli extracomunitari, che sono più bastardi dei meridionali».

Qualche nordico animatore del forum non indugia nel mostrare comprensione e solidarietà al fratello salernitano e si affretta a precisare come sia possibile ravvisare differenza tra "meridionali" e "terroni", spiegando che «terrone è colui che arriva e pensa di essere nel suo luogo di origine, e si comporta di conseguenza, tanto che nemmeno si offende se lo chiami terrone». Mentre altri addirittura osservano come il luogo di origine sia irrelevane, poiché «non è la provenienza che fa l'individuo, e nemmeno il sangue o il colore della pelle, ma unicamente l'atteggiamento».

L'insistenza dei più ostinati («se ne dicono tante sui cinesi ma sicuramente li rispetto più di certi meridionali o marocchini o slavi perché almeno lavorano e si fanno i fatti loro») incontra obiezioni che fanno emergere ulteriori differenze in seno ai giovani padani più "cosmopoliti", tanto da poter distinguere tra filantropi («di meridionali ne conosco tanti e tanti miei amici sono meridionali, per me un meridionale è colui che è venuto e lavora onestamente»), progressisti («esempi di integrazione con il passare degli anni si fanno più frequenti, sono esempi da non snobbare ma anzi da far diventare casi di scuola: piano piano li integreremo») e possibilisti («un meridionale che lavora e interagisce con gli altri vale quanto un settentrionale»). Su tutti cade però il richiamo ad un maggior pragmatismo da parte dei realisti: «Siete in ritardo di 40 anni, c'è ben altra gente che invade le nostre città, purtroppo!».

Trascorso qualche giorno, sul forum viene avviata una nuova discussione: «Un test per capire a quale sottogruppo della razza caucasica apparteniamo». Un test scientifico, affidabile, perché «per una volta non ci si basa sul colore della pelle, dei capelli e degli occhi, ma sulla forma del cranio».

Daniele Sensi (per l'Unità.it

16 ottobre, 2008

France 2: "In Italia non ci si vergogna più di dirsi fascisti"

 

Servizio trasmesso dal TG delle 20 del canale francese France 2, lunedì scorso:

Giornalista in studio: In Italia, un dibattito che agita il paese da diverse settimane, oramai: il fascismo si manifesta di nuovo, senza pudore? Sportivi famosi e uomini politici non esitano più a vantare aspetti positivi dell’operato di Mussolini. Allo stesso tempo, gruppi di tifosi di estrema destra provocano sempre più incidenti. Il Governo ha persino deciso di non distribuire più biglietti per le partite all’estero.
 
Corrispondente: Braccia tese e slogan inneggianti a Benito Mussolini, sabato sera, a Sofia, in Bulgaria. Ancora una volta il calcio italiano si fa veicolo involontario dell’apologia di fascismo. All’inizio di settembre è stato Christian Abbiati, portiere del Milan, a dire di condividere certi valori del fascismo.
A partire dall’inizio dell’anno, certi inquietanti sentimenti hanno varcato i cancelli degli stadi. Guardate questi saluti fascisti, ad esempio, davanti al municipio di Roma, lo scorso aprile, per festeggiare l’elezione alla guida della città di Gianni Alemanno, ex militante dell’estrema destra. 
A settembre è Ignazio La Russa, ministro della Difesa, anche lui proveniente dall’estrema destra, che durante una cerimonia dedicata alla Resistenza italiana, rende omaggio ai soldati fascisti.
 
La Russa: Farei un torto alla mia coscienza, se non ricordassi che altri militari, come quelli della Repubblica Sociale Italiana, combatterono per difendere quella che ai loro occhi era la Patria.
 
Corrispondente: Eccoli, quei soldati, alla fine della guerra; ultimi difensori invasati di un regime fascista colpevole delle atrocità commesse al fianco dei nazisti. 
Oggi la figura di Mussolini non è più tabù. La si trova per esempio a Roma, su calendari in vendita nelle edicole. 
 
Edicolante: Ricordo che quando ero giovane mia madre mi parlava molto bene di Mussolini, per esempio per tutti i lavori fatti nel Paese.
 
Corrispondente: L’architettura, vetrina di quel regime fascista che oggi molti cercano di riabilitare. Come qui, nel quartiere Eur, dove davanti allo stadio olimpico si possono ancora vedere mosaici alla gloria del Duce.
O ancora a Predappio, in Romagna, città natale del dittatore italiano.
Tra qualche giorno, alla fine di ottobre, migliaia di nostalgici di Benito Mussolini si ritroveranno, come ogni anno, nella sua città natale. Sono ormai sempre meno isolati e sempre meno marginalizzati nella società italiana.
 

12 ottobre, 2008

"Traditore!", sostenitori della Lega contestano Roberto Maroni

Buona parte della base leghista non ha apprezzato l'informativa urgente sui recenti episodi d'intolleranza di matrice xenofoba e razzista tenuta da Roberto Maroni alla Camera. Agli ascoltatori di Radio Padania Libera -che ha trasmesso la relazione in diretta - sono suonate come una beffa le parole del ministro dell'Interno che hanno descritto l'Italia di Berlusconi come il migliore dei mondi in cui un immigrato possa vivere e che hanno elogiato un «incremento esponenziale nel conferimento della cittadinanza e nell'accoglimento delle istanze d'asilo che collocano il nostro paese ai primi posti in Europa in quanto a politiche dell'accoglienza». 

Che l'argomento della diretta di Radio Padania siano il federalismo, la scuola, le tradizioni locali, se non un collegamento telefonico con Renato Pozzetto, appena gli spekaer aprono le telefonate, dagli ascoltatori, puntuali, giungono manifestazioni di dissenso. Ci sono, certo, militanti che lanciano strali contro Berlusconi, non capendo «come possa fidarsi del primo ministro romeno, un rom, figlio di rom, e cosa si aspetta, Berlusconi, da uno zingaro?». Così come ci sono quelli che attaccano «quel baluba nero che vorrebbe insegnare a Maroni come si fa il ministro dell'Interno», ossia il deputato democratico Jean-Léonard Touadi, originario del Congo, doppia laurea (Filosofia e Scienze politiche), docente universitario e giornalista. E poi ci sono i sostenitori che esprimono giusto un po' di amarezza «nel vedere il nostro ministro parlare così e fare la figura del solito fesso italiano di fronte agli altri paesi europei».

Ma i più non hanno dimenticato le promesse di quel manifesto, "Padano non fare l'Indiano", affisso in ogni angolo del Nord Italia e che sollecitava il voto alla Lega per procedere con il rimpatrio di tutti gli irregolari e con il blocco di nuovi sbarchi. Ed è alla Lega che ora qualche elettore chiede conto. Come Elisa, che avverte: «È ora di finirla con tutto questo parlare di accoglienza. Ma non lo vede Maroni che siamo in troppi? Decida lui, poi però ci penseremo noi militanti a rompergli i coglioni». Ammonimenti giungono pure da Lodi («Questo governo non è partito con il piede giusto. Stiamo prendendo le cose sottogamba e ne pagheremo le conseguenze»), da Lecco («Dobbiamo stare ad aspettare ancora a lungo? C'è un limite alla pazienza: perché non schierate la marina militare?») e da Milano («Le nostre montagne sono invase da terra, mare e cielo e nemmeno la Lega fa più nulla. Mi volete dare spiegazioni o non devo più votarvi?»). Qualcuno, con voce quasi malinconica, s'interroga su che fine abbia fatto «la vecchia, dura ed inflessibile Lega». Una donna,  esausta, chiede lumi: «Che devo fare? Me ne devo andare io? Ditemi però dove!». Anche Roberto da Como esprime perplessità sul ministro leghista: «La sua analisi è piena di lacune, perché accogliere tutta questa gente che non è stata invitata?».

A chi tiene conto degli sbarchi («Ieri ne sono arrivati più di mille, mi aspettavo che venissero respinti subito, e non che prima li dovessimo accogliere»), Alessandro Morelli, animatore del primo pomeriggio di Radio Padania, risponde invitando a pazientare, poiché «è solo sei mesi che siamo al governo, nessuno ha la bacchetta magica, ed è il diritto internazionale ad imporci di soccorrere le carrette del mare». Ma subito ci pensa un ascoltatore della Brianza a contestarlo: «Nessuno ci costringe ad accoglierli: quella del governo è una scelta politica». A Morelli non va meglio quando tenta di rassicurare lo scetticismo di Laura da Torino («ogni giorno ne vedo arrivare, arrivare, arrivare, però non vedo mai andar via nessuno») citando i voli charter che partono dall'Italia carichi di irregolari. Maurizio, dalla Lombardia, immediatamente lo fredda: «Sì, ma quanto ci costano questi voli?».

Si destreggia meglio Renata Galanti, responsabile della rubrica del Gruppo femminile padano. A fronte dell'ascoltatrice che si domanda se non ci siano interessi economici dietro gli sbarchi, le basta passar la palla all'onorevole Carolina Lussana che, in collegamento telefonico da Roma, conferma: «La tratta degli immigrati è un business, che coinvolge la Caritas, però». Stesso argomento di Leo Siegel durante il suo seguitissimo Filo diretto: «Il problema è l'industria del buonismo, il problema sono quelli che dovrebbero trovarsi un nuovo lavoro se gli invasori smettessero di arrivare». Ma è soprattutto sul premier che Siegel cerca di scaricare il malcontento, esortando un'ascoltatrice (che s'interroga se abbia ancora senso votare una Lega «che anziché eliminare un po' di gente parla di solidarietà») a non dubitare di Maroni, «il miglior ministro in assoluto», poiché il problema «è invece Berlusconi, quel Berlusconi che un giorno dovrà render conto al paese di cosa è andato a fare in Libia». Il malumore della base leghista tuttavia è inarrestabile e continua a  riversarsi in Radio, tanto da costringere il conduttore ad un richiamo generale: «Non si vota la Lega solo per il problema dell'immigrazione clandestina. Esistono altri temi che dovrebbero coinvolgerci». Una telefonata da Milano, però, taglia corto: «Ho ascoltato il discorso di Maroni e mi pareva di sentire un deputato di Rifondazione Comunista».

Daniele Sensi (per l'Unità.it)

08 ottobre, 2008

Lega Nord: "A Parma i vigili hanno sbagliato bersaglio. Ma contro i clandestini è legittimo l'uso di metodi duri"

Parole ambigue quelle pronunciate dal segretario provinciale della Lega Nord di Parma, Roberto Corradi, intervenuto su Radio Padania Libera per commentare la brutta vicenda che ha coinvolto Emmanuel Bonsu, il giovane ghanese che ha denunciato di essere stato malmenato e insultato da alcuni vigili urbani parmensi. «Se le cose si sono svolte così come ha raccontato il ragazzo si tratterebbe di fatti gravissimi», ha dichiarato Corradi, che però ha aggiunto: «A fronte di una sempre maggior insofferenza dei cittadini italiani per la presenza, sul nostro territorio, di stranieri irregolari il cui comportamento, quando va bene, si pone al limite della legalità, le forze dell’ordine hanno il dovere di agire in modo anche deciso, scegliendo ovviamente il bersaglio giusto». 

L’ambiguità sugli allarmanti episodi di razzismo di questi giorni sembra essere la regola a Radio Padania. I conduttori che si alternano alla conduzione respingono con fermezza le accuse loro mosse di giocare con la paura e con i rigurgiti xenofobi: «Noi non ce l’abbiamo con gli immigrati in quanto tali; ce l’abbiamo con chi viene qui per delinquere, non con quelli che lavorano». Eppure ogni venerdì Radio Padania manda in onda un appello al «boicottaggio permanente delle attività commerciali gestite da immigrati» (non sono lavoratori, questi?). Per non parlare dei messaggi xenofobi lasciati dagli ascoltatori sul sito della Radio di cui si dà lettura in diretta. Pierluigi Pellegrin, animatore di punta della programmazione pomeridiana, giornalista che sempre esorta a non lasciare messaggi «offensivi o indecenti, altrimenti non li leggo», non reputa abbastanza indecoroso rilanciare nell'etere il richiamo di un simpatizzante a «difenderci dall’invasione dei vari negozi cinesi e dei vari uomini marrone scuro che infestano le nostre spiagge e i nostri parcheggi, facendo attorno a loro terra bruciata e rompendogli i coglioni». 

Ed è proprio sul forum di Radio Padania Libera che in queste ore la base leghista si confronta su immigrazione e razzismo. “Longobardia min” (utente iscritto dal 2006) non ha dubbi: «L’invasore, 99 volte su cento, non è mai stato cacciato con metodi gandhiani, ma con la battaglia. Dobbiamo quindi essere pronti a prendere la palla al balzo e rispondere». Gli fa eco “The Collector” (anche lui iscritto dal 2006): «Cominciate con l’armarvi, rispettando le leggi, per carità, perché comunque milioni di fucili censiti in Padania un qualche effetto lo avrebbero sulla politica». Metodi più sbrigativi auspica invece “Spalton”: «I clandestini vanno buttati a mare come i desaparecidos cileni, perché mandarli a casa costa troppo». Al Partito democratico e a chi “difende i neri” viene invece mossa l’accusa di «collaborazionismo», suggerendo il ricorso a «diversi piazzali Loreto», senza i quali «non si combina niente». Anche i nuovi iscritti paiono impazienti di partecipare al dibattito. Tra di essi si distingue “Finn Mc’Coll”, che, forse riferendosi alla strage di Castel Volturno dello scorso 18 settembre (e con una certa approssimazione geografica), si chiede quale differenza ci sia tra «negri e napoletani, dal momento che sia gli uni che gli altri puzzano di merda». Osservazione cui un utente più anziano consiglia maggior moderazione nei toni, ma mica per altro: «Altrimenti rischi di essere bannato». 

Daniele Sensi (per l'Unità.it)