26 aprile, 2010

"Dobbiamo padanizzare l'Italia"

Il senso delle recenti inaugurazioni di sezioni della Lega Nord nel sud Italia è ben restituito dalla sintetica dichiarazione rilasciata a Radio Padania da Dario Galli, presidente della provincia di Varese:

La Lega rappresenta un modello culturale che occorre estendere al resto d'Italia. Se si vuole salvare il Paese, è necessario padanizzarlo.

Meta peraltro non difficile da raggiungere, visto che anche nel Meridione prospera un odio per lo straniero in cerca solo di sdoganamento e di rappresentanza.


18 aprile, 2010

"La nefasta influenza del femminismo"

L'eurodeputato leghista Mario Borghezio ed un anonimo intervistatore svizzero ci spiegano che, a causa della "nefasta influenza" del femminismo, è oramai divenuto difficilissimo, per un uomo, avvicinare una donna. E che solo in paesi come l'Italia, grazie alla "resistenza delle tradizioni latine, le donne sono ancora disposte ad accettare come cosa normale che gli uomini seducano": 

   

Update: Femminismo a Sud commenta le dichiarazioni di Borghezio.

13 aprile, 2010

"La xenofobia dal volto umano"

"Xenofoba, ma col volto umano". Il magazine panafricano Jeune Afrique definisce così la Lega di ultima generazione, quella che "per blindare il Nord ed imporre la propria legge a Berlusconi" si è affidata a "uomini giovani, attraenti e discreti, lontani dalla tradizionale immagine del leghista che incessantemente sbraita odio contro gli immigrati".  

Xenofoba, sì, ma elegante. Una xenofobia prêt-à-porter.

03 aprile, 2010

Ma Bossi non è Le Pen

In un suo articolo su Repubblica, Gad Lerner oggi  accosta la Lega Nord al Fronte Nazionale del francese Jean-Marie Le Pen. Ecco, continuiamo a collocarla nell'estrema destra tradizionale e non riusciremo mai a decifrare a fondo la Lega. Perché sebbene alcuni suoi uomini provengano da ambienti neofascisti e sebbene con tali ambienti spesso essa condivida argomenti e battaglie, la Lega non è un partito neofascista. Sono semmai le formazioni classiche dell'ultradestra a star in parte "leghistizzando" il proprio linguaggio, ad esempio adottando, in luogo dell'oramai impresentabile e schietto razzismo, il più insidioso discorso "etno-differenzialista" ("non esistono popoli superiori o inferiori, tuttavia tra i popoli possono sussistere incompatibilità culturali superabili solo standosene ognuno a casa propria"). 

Ed è per questo motivo che da noi la Lega sfonda, mentre in Francia Le Pen rimane ai margini della politica. Perché essa, la Lega, non vìola esplicitamente il tabù del fascismo, nè hanno la sensazione di violarlo coloro che la votano. Non solo la Lega non è nata a destra, ma Bossi ha avuto pure l'intelligenza di collocarla nell'alveo dell'antifascismo, rispetto al quale nutre l'ambizione di accreditarsi in una continuità ideale: la Lega non disprezza la lotta partigiana, semmai ne esalta la settentrionalità. 

È proprio rincorrendo il successo leghista che parte della destra neofascista francese si sta convertendo all'ideologia identitaria e regionalista. Si pensi ai vari movimenti localistici che fanno capo al Blocco identitario: gente che fino all'altro ieri militava chi nella destra extraparlamentare, chi nel Fronte Nazionale di Le Pen, e che oggi guarda al risultato delle Regionali italiane con invidia ed ammirazione. Si tratta di formazioni del tutto minoritarie, in un  Paese dal radicato sentimento nazionale e patriottico, alle quali potrebbe tuttavia riuscire ciò che non è riuscito a Le Pen: rompere l'isolamento, allacciare convergenze con i gollisti, partendo dalle municipalità. E' a queste formazioni che la Lega andrebbe accostata, perché è con esse che la Lega dialoga, è con esse che la Lega struttura la propria strategia europea

La Lega non è nostalgica. E' questo che la rende pericolosa. 

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01 aprile, 2010

La Lega, il partito trasversale degli egoisti

Negli ultimi giorni, si sprecano le analisi sul successo della Lega alle Regionali. Gli argomenti citati sono sempre i soliti, per quanto pertinenti: radicamento territoriale, partite Iva, strumentalizzazione della paura, eccetera eccetera. I commenti più arditi arrivano ad accennare al ripiegamento identitario: gli esseri umani, quando si sentono minacciati, nulla trovano di più rassicurante che rinchiudersi in se stessi. E di minacce -vere, presunte o fabbricate- questi tempi sono piuttosto generosi.  

Da dove ripartire? Come riconquistare il nostro elettorato?, si interrogano la sinistre. Io sono pessimista. Ogni partito ha, da sempre, il proprio bacino di riferimento, il proprio "popolo eletto". Tuttavia, un tempo, la spartizione del consenso passava per aree piuttosto nette se non contrapposte: guelfi e ghibellini, fascisti ed antifascisti, operai e padroni. Aree che, per quanto ampie e rappresentate, erano ben coscienti di essere solo una parte e non il tutto. C'era la coscienza di classe, ad esempio. Alla Lega è invece riuscito di mettere insieme il maggior partito trasversale di sempre, l'unico che possa ambire non solo alla maggioranza assoluta, ma  all'egemonia totale: quello dell'egoismo. L'imprenditore egoista, il coltivatore diretto egoista, il precario egoista, il disoccupato egoista, il dipendente statale egoista, l'egoista settentrionale e quello meridionale, quello cattolico e quello ateo, l'egoista illuminato e snob così come quello rozzo e becero: all'elettore leghista tradizionale, tutto secessione e celodurismo, si è affiancato uno sterminato popolo al quale della Padania e del dio Po non importa nulla. Perché prima di essere comunisti, liberali, socialdemocratici, nostalgici o financo leghisti, si è innanzitutto uomini. E gli uomini sono egoisti. Ontologicamente egoisti. La Lega non si pone al di là della destra e della sinistra, bensì al di qua. Essa blandisce ciò che l'uomo era nello stato di natura: una bestia appena eretta.