17 aprile, 2012

«Compra diamanti», lo spot leghista

Rosy Mauro smentisce: «Mi vedo costretta ad adire le vie legali per tutelare la mia rispettabilità, onestà e onorabilità contro l’ennesima fuga di notizie infondate, false e gravemente diffamatorie». Anche il senatore Piergiorgio Stiffoni smentisce: «Ribadisco la mia posizione di assoluta estraneità a qualsiasi movimentazione di denaro della Lega Nord: di quello che facesse Belsito con i soldi del movimento non ho mai saputo niente, dalla Lega non ho mai avuto soldi e di come investo i risparmi miei e della mia famiglia sono solo affari miei e non devo rendere conto a nessuno».

Parole che, nel pieno della bufera che ha investito la Lega, rincuorano Matteo Salvini: «Abbiamo già espulso chi ha portato i nostri soldi in Tanzania, se altri hanno sbagliato pagheranno, ma così, almeno, possiamo lasciare i diamanti in gioielleria». Già, i diamanti, diamanti e oro, quelli che, stando a quanto emerge dalle carte degli inquirenti, sarebbero stati acquistati con i soldi distratti dalle casse del Carroccio: 200 mila euro in lingotti d'oro consegnati all'ex tesoriere Francesco Belsito, più altri 400 mila euro in pietre preziose che, sempre secondo gli inquirenti, sarebbero stati «comprati e poi consegnati materialmente» nella disponibilità del vicepresidente del Senato Rosy Mauro, del senatore trevigiano Piergiorgio Stiffoni, membro del precedente comitato amministrativo di tesoreria della Lega, e dello stesso Belsito. Lingotti e diamanti che ora mancherebbero all'appello e che lunedì hanno nuovamente portato la Guardia di Finanza in via Bellerio.

«Cercate l'oro della Lega? Andate a controllare nelle sezioni, troverete decine di migliaia di militanti che si impegnano con serietà e infinita passione per la loro terra e per la loro gente, loro sono l'oro della Lega», è, su Facebook, il commento dei militanti. «Oggi la Finanza è tornata nella sede della Lega cercando oro e diamanti.

Droga niente? Manca solo l'arrivo dei Caschi blu e siamo su 'Scherzi a parte'», annota invece, sarcastico, Matteo Salvini, ben sapendo quanto “oro” e “diamanti” stridano con il consueto vocabolario leghista e con le parole d'ordine cui la base è abituata. Ironia della sorte, ciò che Salvini sembra ignorare è che proprio dal seminterrato di via Bellerio, ossia dagli studi di quella Radio Padania Libera di cui egli è direttore, alternata a spot di prodotti biologici, olio d'oliva e vasche da bagno per anziani, negli ultimi mesi è stata ciclicamente messa in onda un curiosa inserzione pubblicitaria - 'curiosa' perché apparentemente fuori target, considerato il pubblico di riferimento dell'emittente.

Una radio-promozione (simile committenza pubblicitaria, in via Bellerio, non passa da agenzie esterne ma viene 'raccolta' direttamente dalla radio), nel corso della quale lo speaker - ex Radio Italia, 'borgheziano', conduttore delle prime trasmissioni del mattino - dialogando con l'inserzionista sprona gli ascoltatori a investire (indovinate un po'?) proprio «in una forma di investimento ancora poco conosciuta in Italia, i diamanti» perché «mai come in questo momento storico è meglio non lasciare i nostri soldi sul conto corrente».

'L'Espresso' ha recuperato l'audio di una di quelle rubriche commerciali, e ve lo ripropone integralmente. Il recapito telefonico - che abbiamo oscurato - fa riferimento ad una società di investimenti trevigiana. In catalogo, anche 'tondi', in argento, del Ventennio fascista e ritratti del Duce. Ma soprattutto loro: «diamanti e oro, «un investimento d'autore» disponibile in tre differenti set. Tempi di consegna, 45 giorni lavorativi. 

 Daniele Sensi (per l'Espresso)

I diamanti di Radio Padania

Quando ho letto dei 400 mila euro in diamanti che sarebbero stati acquistati da Belsito, Rosy Mauro e il senatore Stiffoni con i soldi della Lega, m'è tornato alla mente uno spot, piuttosto particolare, a lungo andato in onda su Radio Padania. Sono andato a scartabellare tra vecchi file che tenevo nel pc, all'impossibile ricerca di un registrato di quella comunicazione commerciale. Che ho rinvenuto.

 

10 aprile, 2012

Avrà fatto qualche sgarro a qualche industria di caffè

"I video di Renzo Bossi che prende i soldi sono solo una sciocchezza. La verità è che vogliono eliminare la Lega per motivi economici, perché la pubblicità che voi fate del Caffè padano  ha eliminato tutte le ditte di caffè che esistono,  a cominciare dalla Lavazza". Un'ascoltatrice di Radio Padania, oggi:

09 aprile, 2012

Da loro funziona così

1) Maroni, che oggi gioca a fare il "barbaro sognante" al fine di  cavalcare un repulisti che lo porti alla guida del partito, nel 2010 scese in campo per sostenere la candidatura di Renzo Bossi alle elezioni regionali, assicurando: "Renzo ha scelto di faticare e di farsi eleggere dalla gente con le preferenze. È una scelta molto seria perché la Lega premia quelli che lavorano. Da noi funziona così. Fossi bresciano voterei Renzo Bossi, il nome è una garanzia".



2) Matteo Salvini, oggi: "Salutato Renzo Bossi, ora tocca a qualcun altro". Portaborse di Salvini al Parlamento europeo, nel 2004: Riccardo Bossi.

06 aprile, 2012

«Il vero scandalo? I soldi ai terroni»

Belsito una trappola dei servizi segreti e della magistratura, messo lì per far fuori il Carroccio. Lo sostiene il deputato leghista Alberto Torazzi, intervenuto, nella tarda serata di giovedì, su Radio Padania: «Se Belsito è arrivato lì con quel fardello e con quei contatti preoccupanti è chiaro che il potere romano lo sapesse e che i servizi segreti e la magistratura hanno preparato questa polpetta avvelenata e l'hanno cucinata per bene per poi far fuori Umberto Bossi». 

«E' stato sollevato un polverone per niente», ha inoltre aggiunto l'onorevole, «perché Bossi, che per dieci anni ha vissuto in un monolocale spendendo per il movimento tutti i soldi che incassava, è un uomo che dopo il malore del 2004 aveva una famiglia da mantenere e se il Consiglio federale avesse stabilito un fondo di 50, 100 mila euro a sua disposizione nessuno avrebbe avuto niente da ridire, poiché 50, 100 mila euro l'anno, dal 2004 al 2012, fanno 800 mila euro, quindi il doppio della cifra ora contestata». 

«Il vero scandalo sono i 400 miliardi di euro che pur stando in Padania vengono gestiti da leggi stabilite dai nostri cuginetti terroni», ha infine concluso Alberto Torazzi, prima di prendersela con i tre parlamentari della Lega che già un anno fa avrebbero presentato un esposto in Procura sul conto del tesoriere Belsito: «Spero che questa notizia sia falsa, perché ricorrere alla magistratura italiana, invece che risolvere internamente il problema, sarebbe la cosa che mi rattristerebbe di più, poiché vorrebbe dire che noi abbiamo ancora in giro personaggi che credono di poter avere giustizia e legalità passando dagli apparati dello Stato italiano, mentre dovremmo avere invece il coraggio degli irlandesi e dei baschi». 

Un riferimento al «coraggio» degli irlandesi e dei baschi, ovvero all'abbandono della via non-violenta fino ad oggi tenuta dal Carroccio, anche nelle parole dell'eurodeputato Mario Borghezio, pure lui intervenuto su Radio Padania: «Sarebbe stato da pazzi pensare che l'unico movimento che si oppone al governo della Trilaterale e del Club Bilderberg non si dovesse aspettare una qualche grande puttanata, ma stiano ben attenti a non tirare troppo la corda questi signori che vomitano contro Bossi e contro la Lega, perché forse la colpa di noi patrioti padani è di essere troppo pacifici, ma molti di noi la pensano esattamente come i baschi, e io sono uno di quelli». 

Contrario alla via gandhiana anche Giuliano Citterio, speaker dell'emittente: «E' l'inizio della nuova dittatura romana contro il popolo padano: spero che contro i feroci colonizzatori di oggi si metta in cantina Gandhi». 

E su Radio Padania si è fatto sentire lo stesso Umberto Bossi, il quale, dopo aver ribadito la tesi del complotto («Questo è il Sistema che si difende, perché com'è possibile che noi abbiamo un amministratore collegato a famiglie dell'ndrangheta e nessuno lo abbia fermato prima, avvisandoci?»), ha meglio spiegato le ragioni delle proprie dimissioni: «L'ho fatto per il movimento, che così può meglio liberarsi delle beghe; ma anche per me, perché fossi rimasto lì avrei dovuto procedere a eventuali interventi sui figli». Insomma ragioni di convenienza personale, non solo l'immagine agiografica del leader che, tra le lacrime dei militanti, si immola per la Causa («l'unico segretario che, appena lambito dal sospetto, abbia avuto il coraggio di dimettersi»). 

L'impressione, per la verità, è che davvero Bossi, più che un passo indietro, abbia voluto fare un passo di fianco, per lasciare agli altri il lavoro 'sporco' e tornare in pista a 'pulizie' ultimate: «Nessuno all'interno della Lega può farmi le scarpe: tra pochi mesi c'è il Congresso, e saranno il Congresso e la militanza a riprendere in mano le regole», ha rassicurato Bossi a conclusione del suo intervento. 

Non sarebbe quindi un caso se qualcuno nel Consiglio federale mal vedesse le dimissioni del segretario, il quale, rimanendo in carica fino al Congresso del prossimo autunno, sarebbe stato trascinato a fondo assieme al "cerchio magico". Con le sue dimissioni, la base si è invece ricompattata attorno a quello che Roberto Ortelli, conduttore di Radio Padania Libera, in questa settimana di Pasqua oramai definisce, in termini escatologici, un «Dio»: «Il Venerdì santo ci insegna che dal dolore più grande, dalla crocifissione e dal deicidio, nasce la gioia più grande, la certezza della Salvezza, la resurrezione del Dio vero, del Re dei Re, e del suo trionfo sul Male». 

Nell'attesa della Redenzione, sulle pagine Facebook di area leghista si susseguono gli appelli a mettere da parte le divisioni tra "maroniani" e "cerchisti", mentre si moltiplicano gli strali contro le origini meridionali di Belsito («terrone sei e terrone resterai», «mai fidas dì terù!», «prima o poi il terrone ti incula»), Rosy Mauro («sangue non mente», «questa è la prova provata che i terrun son terrun senza eccezioni», «mi sono sempre chiesta cosa ci facesse questa faccia da terrona sul palco della Lega») e Manuela Marrone, moglie del Senatur: «Sarà un caso, ma dall'interno ci hanno rovinato i meridionali». 

E se qualcuno annota, sarcastico, che «non si dice terrone, altrimenti ci criticano», altri, come la sezione Lega Nord di Cairate, rilanciano: «Vero, non si dice terrone: si dice terronazzo!». Il peggiore, un militante dei giovani padani di Torino: «Purtroppo ho il cognome terrone per un mio lontano parente, ma per fortuna io sono nato in Padania e la maggior parte dei terroni mi fanno schifo, non hanno voglia di fare un cazzo e puzzano che sembra che non si lavano da 100 anni». 

Daniele Sensi (per l'Espresso)