La vita di un blogger è fatta di frustrazione. C'è la frustrazione per il post che ti accingi a pubblicare, ma giusto un attimo prima dell'invio scopri che solo qualche minuto addietro la notizia era già stata liberata nella blogosfera da un collega in genere dedito al giardinaggio che proprio quel giorno aveva deciso di allargare i propri orizzonti; c'è quella per l'inchiesta -sì, i blogger fanno anche inchiesta- a cui avevi dedicato tanto di quel tempo, ma che poi non riceve feedback di alcun tipo - né commenti, né backlink, né repost sui social network, niente di niente, nemmeno a costo di minacciare autocombustioni e formattazioni spontanee ai pc degli "amici" dalla condivisione reticente; c'è la frustrazione -variante della precedente- di quando apprendi, nell'esatto momento in cui ti appresti a segnalare su Facebook la tua ultima sensazionale rivelazione, che Berlusconi se ne è appena uscito con l'ennesima gaffe, e allora sai che non c'è verso, nessuno ti si filerà, nemmeno se hai appena rivelato al mondo la formula per la fissione a freddo dell'atomo, ché la Rete è incapace di multitasking, e, se Berlusconi ha fatto una gaffe, solo di quella, nient'altro che di quella, per tutto il giorno si deve parlare; e poi c'è la frustrazione più beffarda e divertente insieme, quella dei lettori che ti segnalano una "notiziona".... pescata da un blog che settimane prima l'aveva allegramente copincollata da una tua pagina senza citarti.
Da qualche mese sto tuttavia facendo esperienza della massima tra le frustrazioni, la peggiore, quella che davvero rischia di spingere la demotivazione oltre il punto di non ritorno, al di là del quale il blogger molla e corre ad iscriversi al fan club di Minzolini: la frustrazione di dover tutelare il proprio lavoro dalla superficialità degli utenti cui esso è indirizzato.
Capita, infatti, che molti di coloro che fruiscono del materiale multimediale del mio blog (per lo più i video relativi al monitoraggio di Radio Padania) direttamente su Youtube, fraintendano lo scopo della mia attività: carico un registrato dell'emittente del Carroccio in cui si inveisce contro gli omosessuali? Puntuale arriva il militante della comunità glbt che mi augura le peggio cose; ne carico un altro in cui un amministratore leghista parla non troppo bene dei meridionali? Subito mi scrivono furenti siciliani, o calabresi, o figli di siciliani o di calabresi, che le peggio cose le augurano non solo a me, ma pure a tutti i miei "fratelli leghisti" (sic). Presente, inoltre, il pulsante di apprezzamento che su Facebook accompagna ogni aggiornamento di stato, link, foto o nota, quello che ci costringe a dire "mi piace" anche a ciò che magari ci fa ribrezzo, ma la cui segnalazione abbiamo ritenuto puntuale e opportuna? Ecco, qualcosa di simile esiste anche su Youtube: il pollice puntato verso l'alto. Ahimè, su Youtube esiste anche il pollice verso... e basta. I miei video sono campioni nel collezionare pollici versi: come affetti da sindrome compulsiva, gli utenti ci premono sopra in centinaia - credono di affossare Radio Padania, ma non fanno che affossare chi le nefandezze di Radio Padania le denuncia.
E, purtroppo, anche su Youtube esiste il pulsante atto alla segnalazione dei "contenuti non appropriati": molti di coloro che guardano i miei video (gli indignati della domenica, quegli stessi che poi magari urlano alla censura se Youtube rimuove tutte le prime serate del Grande Fratello, dall'edizione numero uno all'edizione numero dieci) ne fanno largo uso. I risultati sono questi:
Gli affezionati del mio blog lo ricorderanno: nemmeno sei mesi fa, Youtube mi notificava la rimozione di un video (I deliri di Radio Padania: "Gli zingari come un'epidemia") accusandomi di incitare "all'odio contro i membri di un gruppo protetto in base a razza o origine etnica". Non solo: venivo anche avvertito che in caso di ulteriori violazioni sarebbero state prese nei miei confronti misure ancora più severe. Bene, a metà di agosto, giusto un paio di giorni dopo avermi offerto un programma di partnership, ovvero la possibilità di fare fifty fifty sugli introiti pubblicitari (per la cronaca: ho rifiutato), Youtube mi notificava una seconda "violazione":
Causa mancato rispetto delle "leggi del tuo paese" veniva rimosso il video Radio Padania: "Il lato buono del fascismo" (bizzarro, no? La radio di un partito di governo fa apologia di fascismo, però viene oscurato chi quell'apologia la porta alla scoperto - conferma, se non altro, che certa propaganda leghista non è "conforme alle leggi locali"). Inoltre, essendo recidivo, stavolta mi veniva pure impedito l'accesso all'account personale, fino alla fine del mese: qualunque link interno tentassi di visitare (compreso quello su cui la notifica mi invitava a cliccare, relativo alle Norme della community), venivo reindirizzato a questa pagina:
"Il tuo account non ha una buona reputazione" - e chi determina la buona o cattiva reputazione di un account, su Youtube? Lo dice la parola: gli utenti, i fruitori della piattaforma, coi loro pollici versi e con le segnalazioni.
Che fare a fronte di simili provvedimenti? Impossibile tentare di chiarire il misunderstanding - unica opzione disponibile: una procedura d'appello, in forma guidata. Me ne sono servito ambedue le volte, ed ambedue le volte il "ricorso" è stato rigettato. Nel giro di qualche minuto.
Ma senz'altro Youtube controllerà i video flaggati, prima di sopprimerli, dirà qualcuno. E in effetti così recita un paragrafo delle succitate Norme:
"Quando un video viene segnalato come non appropriato, lo esaminiamo per stabilire se vìola i nostri Termini e condizioni d'uso: i video segnalati non vengono automaticamente rimossi dal sistema. Se rimuoviamo un tuo video dopo averlo esaminato, puoi stare certo che l'abbiamo fatto intenzionalmente".
Youtube avrà dunque "intenzionalmente" scambiato per materiale xenofobo e neofascista un video il cui titolo inizia per "I deliri di Radio Padania" ospitato su un account la cui presentazione recita: "Canale anti-razzista, anti-fascista, anti-omofobo, anti-sessista, anti-islamofobo" e la cui descrizione è costituita da un link che punta ad un blog iscritto a "Kilombo, metablog delle sinistre"?
No, che rivedano i video non ci credo proprio. O almeno non dopo lo scambio telefonico che mi riuscì di avere con un responsabile di Google Italia al momento della prima notifica di rimozione : "L'unico consiglio che ti posso dare è di inserire del testo, all'interno dei video, che chiarisca agli utenti il senso del tuo lavoro, per evitare che ti segnalino". Perché mai dovrei chiarirmi con gli utenti, e non con gli addetti di Youtube, se realmente spettasse a questi l'ultima parola? L'impressione è che, per mancanza di tempo, e per evitare noie con "le leggi del tuo paese", a fronte di un certo numero di segnalazioni si proceda per la via più semplice: la soppressione incondizionata, senza passare dal via.
Certo, in fondo quello da loro offerto è un servizio gratuito, quindi non si possono pretendere né customer care né carta dei servizi. Tuttavia: chi autorizza Youtube a rimuovere e distruggere del mio materiale senza preavviso? E se non ne avessi conservato copia? Inoltre: chi risponde dei commenti violenti e ingiuriosi, nei riguardi dei militanti leghisti e dei loro leader, giunti a decine sul mio canale nel periodo in cui non vi avevo accesso, commenti che senza esitazione sono solito sopprimere? Ed ancora: se un giorno il legislatore decidesse, chessò, di imporre, ad ogni amministratore di uno spazio web, qualcosa tipo un obbligo di rettifica entro 48 ore dalla richiesta della parte offesa, come rispettare i termini se il proprio account è soggetto a sospensione? Il giudice comprenderebbe, vero, ma arrivare davanti a un giudice costa.
E' una questione che non riguarda solo Youtube, ma la Rete tutta. Stiamo vivendo la nostra epoca delle radio libere, con la differenza che questa volta la "normalizzazione" e la "regolamentazione" rischiano di sopraggiungere senza nemmeno bisogno di un intervento normativo: se Google decidesse di applicare alla piattaforma Blogspot la medesima policy di Youtube, e se lo stesso facessero anche Wordpress.com ed ogni altro servizio di blogging gratuito, che ne sarebbe dei nostri blog? Intere fette di "informazione dal basso" soggette all'arbitrio di chi la Rete non la fa, ma la gestisce. Per mettersi al riparo dalla "segnalazione organizzata" -quella di coloro che abbiamo magari infastidito e che, col passaparola, sui social network e sui forum, si mettono a flaggare in massa un post, o un video, per ottenerne la rimozione- i blogger si vedrebbero costretti ad optare per soluzioni self-hosted. Ovvero continuerebbe a bloggare in libertà solo chi ha soldi da spendere, perché non è vero che gli hosting costino poco o nulla: sei non vuoi essere letto solo dai compagni di scuola o dai colleghi di lavoro, hai bisogno di una certa larghezza di banda, e la banda si paga.
"Segnalazione organizzata", dicevo. Il mio è un blog esposto, sotto questo aspetto, e lo sarà ancora di più dopo aver detto quanto segue. Youtube mi ha già ammonito due volte; la terza "violazione" potrebbe comportare la chiusura definitiva del mio account, e addio all'intero archivio di monitoraggio di Radio Padania (ma non solo: ricordate la visita di Stato di Berlusconi in Tunisia, per promuovere la sua televisione maghrebina?): in contemporanea 2.0, i video verrebbero oscurati su tutti quei blog, siti e giornali che li avevano incorporati.
Nei prossimi giorni provvederò a mettere in sicurezza tutto il materiale "sensibile" ricaricandolo sui server dell'Espresso; tuttavia invito davvero i colleghi blogger a riflettere sull'opportunità di continuare a servirci di Youtube per la nostra "controinformazione": perché, ad esempio, non "abituare" i nostri lettori a frequentare luoghi più appropriati, tipo la piattaforma -gratuita- di hosting video FaiNotizia, di Radio Radicale, caricando lì - o anche lì- i nostri video? Che i Radicali ci stiano simpatici o no, di una cosa possiamo essere certi: loro non censureranno mai niente e nessuno.
Insomma, lasciamo Youtube ai nani e alle ballerine del web: non è fatta per noi, non ci merita. I nostri blog sono roba seria.
Daniele Sensi