11 dicembre, 2008

Le Monde: "La Lega Nord seduce i populisti europei"

Su Le Monde, un breve resoconto del convegno che, agli inizi di dicembre, ha riunito in Francia la crème del populismo europeo (ne avevo scritto qui).

Il Club de l’Horloge, un think tank che riunisce intellettuali di destra e di estrema destra, ha tenuto a Parigi, sabato 6 e domenica 7 dicembre, la sua ventiquattresima università annuale il cui tema era: “Il populismo, una soluzione per l’Europa in crisi”.  

Erano invitati alcuni degli eurodeputati dei principali partiti populisti e xenofobi europei: Johannes Hübner per l’FPÖ austriaco, Francis Van den Eynde del Vlaams Belang (Belgio) e Mario Borghezio della Lega Nord italiana.  

Per il presidente del Club de l’Horloge, Henry de Lesquen, è soprattutto il “modello italiano che occorre seguire”, ricordando che, dei tre partiti, la Lega Nord è la sola a partecipare ad un governo. Fedele alla linea del suo circolo intellettuale, che lavora per una “unione della destra” che vada fino al Fronte nazionale (FN), de Lesquen ha difeso l’idea secondo la quale, in Francia, “i populisti devono partecipare a coalizioni di governo per ridurre il fossato che li separa dal popolo”.  

Tutti gli intervenuti hanno additato i media e gli intellettuali “di sinistra” come responsabili della “demonizzazione” del populismo. Ma è stato Borghezio il più applaudito, soprattutto quando ha elencato le riforme ispirate dal suo partito come la reintroduzione del “grembiule per gli scolari”, o ancora quando ha sostenuto la necessità di “introdurre il tema dell’identità culturale e della sua difesa da ogni suo nemico” al cuore della politica.  

Accoglienza molto più fredda, invece, quando il deputato europeo ha spiegato che il suo partito ha dovuto votare in favore del trattato di Lisbona per far passare, in cambio, quelle riforme tese a rendere più severa la politica italiana sull’immigrazione.  

“CONQUISTARE GLI SPIRITI”  

Nella sala che contava un’ottantina di persone, per lo più anziane, c’erano membri del Club, vecchi quadri del FN, come Bernard Antony, vecchio capofila dei cattolici tradizionalisti in senso al FN, e Jean-Yves Le Gallou, che aveva seguito Bruno Mégret all’epoca della scissione del partito nel 1998. Ma anche un nuovo arrivato, Fabrice Robert, presidente del Blocco identitario, un gruppo di estrema destra radicale. Affermando di essere stato “invitato a titolo amichevole da Henry de Lesquen”, Robert, che non figurava sulla lista dei relatori, ha partecipato al dibattito di chiusura del sabato, al fianco di Le Gallou e de Lesquen.  

Sul palco, Robert ha vantato le azioni del Blocco identitario come “le ronde dei militanti nelle zone del racket” e la “distribuzione di zuppa di maiale” ai senzatetto – misure, queste, molto applaudite dalla sala. Ma Fabrice Robert ha anche svelato parte della strategia del suo gruppo politico: “Vogliamo conquistare gli spiriti e intervenire sul terreno sociale. Seguiamo una logica di "entrismo" in sindacati come l’FO (Forza operaia, ndt) o la CFTC (Confederazione francese dei lavoratori cristiani). D'altronde già alcuni delegati dell’FO appartengono al Blocco identitario.”  

Abel Mestre, 8.12.2008, Le Monde (traduzione di Daniele Sensi)


09 dicembre, 2008

Radio Padania contro il cardinale Tettamanzi: "E' un infiltrato in una Chiesa oramai marcia"

Dura replica dalle onde di “Radio Padania Libera” alle parole del cardinale Tettamanzi, l’arcivescovo di Milano che durante le celebrazioni di Sant’Ambrogio ha lamentato la carenza di strutture in cui i fedeli musulmani possano praticare il proprio culto. 

Ospite della rubrica settimanale dell'associazione “Padania Cristiana” (di cui è presidente l’eurodeputato Mario Borghezio), il lefebvriano don Floriano Abrahamowicz,  membro della Fraternità tradizionalista di San Pio X e celebratore ufficiale del culto negli incontri dell’associazione, ha invitato gli ascoltatori a diffidare non solo di Dionigi Tettamanzi («ultimo esempio degli infiltrati che durante ogni rivoluzione -inglese, francese, bolscevica e, ora, mondialista- tentano di sovvertire la Chiesa dal suo interno») ma della stessa Santa Sede. 

«Non crediate che Tettamanzi rappresenti l’ala di sinistra in una Chiesa comunque guidata dal conservatore Ratzinger, perché è la Chiesa conciliare tutta intera ad essere in realtà alleata di quei poteri forti che, tramite l’islamizzazione dell’Europa, mirano al dominio del mondo secondo un disegno anticristico». Preludio all'ennesimo  discorso cospirazionistico. Pensare che, liberalizzando la messa tridentina (quella in latino) con la pubblicazione del motu proprio Summorum Pontificum, l'intento di papa Benedetto XVI, preoccupato di riconciliare la Chiesa al suo interno, era proprio quello di tendere una mano al variegato movimento dei cattolici tradizionalisti (i quali rifiutano la liturgia e l’ecumenismo del Concilio Vaticano II – Concilio, ricordiamolo, col quale è anche avvenuto il definitivo superamento dell'antigiudaismo  teologico). 

Quell’ingrato di don Floriano, invece,  s’è messo a spronare gli ascoltatori «a rifiutare i sacramenti e il catechismo della Chiesa romana» e «a disertare le stesse strane messe in latino da poco concesse», esortandoli a visitare il sito della Fraternità «onde trovare la cappella o la chiesa più vicina in cui viene praticata la fede cattolica di sempre». Ai pii radioascoltatori non è stato però detto che il fondatore della Fraternità San Pio X, Marcél Lefébvre, è incorso in scomunica nel 1988, né che secondo il diritto canonico di quella «Chiesa conciliare il cui sistema è marcio» (sono parole di Abrahamowicz) tale organizzazione tradizionalista vive in situazione di “scisma” e, i suoi aderenti, di “separazione”. 

In passato, tra una benedizione al “Parlamento del Nord” ed una messa officiata al cospetto di Umberto Bossi («non sono un fervente fedele, ma questi canti ti liberano e ti trasportano in una dimensione più spirituale»), don Floriano non s’è lasciato sfuggire occasione per oltraggiare i partigiani («poveri ignoranti che combattevano per la perversa setta del comunismo») e per onorare i caduti di Salò («vittime innocenti perché i loro assassini non facevano parte di un esercito legittimo»), arrivando a manifestare indulgenza nei confronti di personaggi come Erich Priebke, che lui rifiuta di definire “boia”, poiché «la rappresaglia è un triste aspetto della guerra, e Priebke l’ha compiuta col cuore pesante».

«Ma come può Tettamanzi non rendersi conto che quello dell’Islam è un messaggio di violenza che non può convivere con l’amore del nostro Vangelo? », si lamentava un ascoltatore. Floriano Abrahamowicz ha risposto citando Sant’Ambrogio, «che aveva una sua polizia personale con la quale metteva ordine nella città». Ma avrebbe anche potuto rispondere come fatto a Rimini, lo scorso ottobre, durante un convegno sull’“usurocrazia del signoraggio” (edizione riveduta ed aggiornata delle teorie sul complotto demo-pluto-massonico e, all’occorrenza, giudaico): «Con il sorriso sereno dobbiamo brandire la spada come quei cavalieri che, con Gesù Cristo nel cuore, combattevano il nemico senza odio, seppur con violenza».

Daniele Sensi (per l'Unità.it)

01 dicembre, 2008

Contro Sergio Chiamparino

Non è nevicato abbastanza, questo fine settimana, nel nord Italia. Non abbastanza da fermare Sergio Chiamparino, che, febbricitante, è riuscito a raggiungere gli studi di Lucia Annunziata. Febbricitante ed afono. Ma, anche qui, non afono abbastanza. E così gli è riuscito di infilare nell’intervista quella dichiarazione di intenti che è suonata come una voce alle spalle che ti dice di saltare davanti al baratro: “Sei nato di sinistra, morirai leghista”. 

Si sa, Chiamparino & Co. (Penati e Cacciari) amano il federalismo. Lo adorano. Oramai non vivono per altro. Ci si chiede come abbiano vissuto fino all’altro ieri, quando la politica passava per circoli, e sezioni, e comitati provinciali, e comitati regionali, e su su fino al mega comitato politico centrale. Eppure il Partito era radicato sul territorio come più sarebbe stato. Ora l’Italia si avvia a varare il proprio federalismo fiscale. E quei tre, non paghi, pure il Partito lo vorrebbero federato. “Ma non lo si chiami Partito del Nord”, precisano, “giusto un coordinamento settentrionale”. 

“Autonomia! Atonomia!”, il suono della lama sul collo di una nazione la cui testa rotola in un catino di zinco. Allora ringrazieremo Berlusconi, le cui tre reti televisive saranno l'ultima parvenza di un’Italia Una e non trina. 

Era un invito al sogno, quello del 14 ottobre del 2007. Ma a Chiamparino i sogni non piacciono. Preferisce gli incubi. “Siamo aperti a stringere alleanze con la Lega Nord”, ha detto dall’Annunziata. Ecco a cosa gli serve tutto quell’autonomismo. E nella processione funebre vorrebbe coinvolgere per intera l’Italia democratica del nord. Ad esclusione dell’Emilia-Romagna, però, perché “non omogenea”. Deve averla imparata male, la lezione: i suoi mentori leghisti considerano l'Emilia-Romagna parte del  territorio celtico, “padano”. Il democratico Sergio Chiamparino avrà studiato da Gentilini. 

L'alleanza è possibile “a condizione che la Lega metta da parte l’impianto populistico che la tiene assieme”, ha tuttavia precisato il sìndich ëd Turin. Ma se è il populismo a tenerla assieme, la Lega rinunciandovi non esisterebbe più, ed allora Chiamparino, alla fine, con quale diavolo di un partito la potrebbe stringere,  la sua alleanza? Una firma dal notaio: "Ci impegniamo a non dichiarare mai e mai più 'Roma ladrona, paga Pantalone per il mangione terrone, abbasso il culattone, l’immigrato lo infilzo col forcone'".

Chiamparino sa quel che dice. "A condizione che la Lega metta da parte il populismo” serve solo a rassicurare gli elettori. Politicamente significa invece: Lega e il "Pd del Nord" mettano da parte ciò che li distingue in nome della comune lotta contro il centralismo romano. Ciò che a Chiamparino sfugge, però, è che la vocazione leghista è proprio quella di “movimento né di destra né di sinistra che riunisca la gente del nord quale che sia l’orientamento politico dei singoli”. Alla Lega danno vita militanti e simpatizzanti cresciuti nell’estrema destra così come nell’estrema sinistra, ma anche liberali, socialisti, cattolici e radicali. Un movimento, appunto, e non un partito: “Prima ci uniamo per riconquistarci la Padania, poi potremo tornare a dividerci sulla base degli orientamenti politici di ognuno”. Chiamparino non ha dunque bisogno di indirizzare velate minacce di secessione politica al comitato di garanzia nazionale del Pd. La creatura dei suoi sogni già esiste. Non ha che da fare domanda di ammissione. In Lega accolgono a braccia aperte “chi viene per lavorare”.

28 novembre, 2008

Il leghista Matteo Salvini espulso da Facebook

Matteo Salvini piagnucola. “M’hanno sospeso l’account su Facebook, senza preavviso e senza spiegazioni. Ed ero arrivato ad avere duemila contatti…”. Poveretto, pensare che lui, negato di informatica, a quella piattaforma s'era proprio affezionato. Ogni giorno, intervenendo su Radio Padania in collegamento telefonico dalla Camera dei Deputati, non perdeva occasione per dire quanto Facebook fosse divertente, bello, entusiasmante, spassoso, eccetera eccetera...

Account sospeso, pare, per eccessivo smanettamento: “L’altro giorno la sinistra ha fatto ostruzionismo e le alternative erano il suicidio o il computer, e quindi io sono stato lì, ad ammazzare il tempo… sono stato collegato un sacco, e magari avrò fatto troppe robe”. Il ragazzo si annoia e quelli, insensibili, che fanno? Gli tolgono il giocattolo dalle mani. Che mondo senza cuore!

Matteo Salvini, che quando sgomberavano i campi nomadi di Milano si rammaricava di non poter condividere lo “spettacolo” con gli ascoltatori di Radio Padania Libera; Matteo Salvini, che al mercato della Bovisa rassicurava su quanto fosse “più facile debellare i topi che non gli zingari”. Matteo Salvini, che ora se ne sta lì tutto sconsolato perché “quando ti levano l’account è come se ti moncassero una mano, è una roba bastarda”. Matteo Salvini, che non sa che roba bastarda è quando ti levano il permesso di soggiorno o ti sgomberano la sola casa che hai.


20 novembre, 2008

L'estrema destra francese a lezione da Borghezio

Si stringono sempre di più i rapporti del leghista Mario Borghezio con l’estrema destra francese. Lo scorso settembre l’amicizia oramai consolidata con l’identitarismo d’Oltralpe aveva portato l’eurodeputato del Carroccio a presenziare ai lavori per il rientro estivo di Nissa Rebela. Il padrone di casa, Philippe Vardon, di lì a poco sarebbe stato condannato dalla Corte d’appello d’Aix-en-Provence per incitamento all’odio razziale (cinquemila euro di ammenda, quattro mesi di carcere con la condizionale e sospensione dei diritti politici per due anni). In quell’occasione, Mario Borghezio, chiamato a relazionare sull’esperienza degli "identitari al governo dell’Italia", aveva invitato a rivalutare Julius Evola, il cui lavoro "fornisce i fondamenti metafisici e spirituali della battaglia identitaria". Ora è il Club de l’Horloge (espressione, con il Grece di Alain de Benoist, della Nuova destra francese) ad annunciare, in un comunicato stampa, la presenza di Borghezio all'Università annuale di dicembre, un ciclo di conferenze dedicato al populismo ("soluzione per un’Europa in crisi") durante il quale verrà anche analizzata l'"originalità della Lega Nord, un movimento che ha saputo imporre il proprio peso alla coalizione di governo". 

Si rinnova, dunque, l’interesse dell'intricata rete della destra estrema francese per il "laboratorio Italia", tanto che negli ultimi mesi si sono moltiplicate le parole d'elogio per il movimento leghista (capace di stringere alleanze di governo e, allo stesso tempo, di esprimere rivendicazioni tali da far apparire "timidi boy scout" i Le Pen d’Oltralpe). Non è un caso che a tentare una sintesi dei rapporti tra Lega Nord e PdL sia il Club de l’Horloge, ossia un circolo che nel passato ha preparato il terreno per l'affermazione politica di Le Pen e che adesso lavora per l’unità delle destre (moderate e non) al fine di mettere fine all’isolamento del Fronte Nazionale e  riuscire a traghettare l’estrema destra al Governo. Un "laboratorio di idee per la destra", il Club de l’Horloge, ispirato ad una concezione evoluzionistica della storia, alle teorie delle diseguaglianze naturali tra individui e gruppi di individui, e che, "contro l’ideologia dominante, espressione dell’utopia egualitaria", chiede la riabilitazione della pena capitale. Al convegno è inoltre annunciata la partecipazione di Frank Vanhecke, rappresentante dell'ultradestra fiamminga dei Vlaams Belang e compagno di lotta in sede europea dell’onorevole Borghezio. A Frank Vanhecke, martedì scorso, il Parlamento europeo ha revocato l’immunità parlamentare a seguito di una indagine della Procura belga per propaganda razzista. 

Daniele Sensi (per l'Unità.it)

10 novembre, 2008

"L'Obama italiano? E' Umberto Bossi"

Pare che la ricerca sia terminata e che il Barack Obama italiano –pardon, “padano”- sia stato identificato. Per tutti questi anni lo abbiamo avuto sotto gli occhi e, anziché apprezzarne lo slancio visionario e la disinvoltura lessicale, noi, sciocchi, ne abbiamo deprecato le gesta e gli strappi all’etichetta. Come non cogliere lo stesso idealismo del neoeletto presidente degli Stati Uniti d’America in comizi infarciti di “patti di sangue”, “bingo bongo”, “ce l’abbiamo duro” e “baionette in canna”? Non ci sono dubbi: il nostro Obama è Umberto Bossi. 

O almeno non ne dubita Edouard Ballaman, presidente del Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia, che, di ritorno da un viaggio negli States dove avrebbe incontrato importanti personalità dello staff democratico, dai microfoni di Radio Padania Libera esorta i fratelli leghisti a riflettere su come «la campagna elettorale di Obama ha puntato molto sui sentimenti e sul cuore, ovvero su quella capacità di far sognare tipica di Bossi». Ballaman spiega che i democratici d’oltreoceano non avrebbero nulla a che vedere con Walter Veltroni, poiché «il Partito democratico italiano e quello americano non hanno che il nome in comune, mentre solo la Lega, un movimento popolare che sta tra la gente, condivide con i democratici statunitensi la stessa preoccupazione di andare incontro alle classi e alle categorie più svantaggiate». Non che Lega Nord e Partito democratico americano stiano sullo stesso livello, intendiamoci, poiché, sebbene «Obama è lontano dai socialisti e non si situa né a destra né a sinistra, proprio come la Lega», non è detto che la nuova amministrazione americana si dimostri nei fatti tanto capace quanto gli “omologhi padani”, considerato che «se è facile vincere le elezioni, il difficile è poi rispondere correttamente ai bisogni dei cittadini come stanno facendo i nostri ministri Calderoli, Maroni, Zaia e Bossi». 

Non resta dunque che attendere il 20 gennaio prossimo, quando, sulle note dell'Inno nazionale, il 44° Presidente degli Stati Uniti mostrerà soddisfatto, in mondovisione, il dito medio. 

Daniele Sensi (per l'Unità.it)

28 ottobre, 2008

Giovani padani: "Siamo invasi dai terroni"

«Non è giusto, siamo invasi! Ovunque ti giri sei sommerso da ‘sti qui che vogliono comandare loro, mi fanno venire la nausea», sbotta una novarese. «Troppi, ce ne sono troppi, meglio non contarli», avverte un utente di Mondovì. «Ce ne sono tanti, ma molti dei loro figli crescono innamorati del territorio in cui sono nati e cresciuti», replica un più magnanimo iscritto ligure. Ennesimo confronto su immigrazione ed invasioni islamiche? No. Il sito è quello dei Giovani Padani e l'oggetto della conversazione è quanti siano i meridionali residenti nel nord Italia.

Lamentando la mancanza di dati ufficiali («purtroppo nessuno ha mai pensato di fare un censimento etnico in Padania, poiché siamo tutti "fratelli italiani"»), sul forum del movimento giovanile leghista con dovizia vengono incrociate fonti diverse per tentare una risposta all'inquietudine che pare togliere il sonno ad alcuni simpatizzanti.

Così, servendosi del censimento del 2001, delle analisi di studiosi dialettali e di quelle relative alle migrazioni interne del dopoguerra (con una certa approssimazione dovuta all'impossibilità di conteggiare con precisione i «meridionali nati al nord da genitori immigrati o da matrimoni misti padano-meridionali»), alla fine, tenendo comunque conto «del tasso di fecondità dei centro-meridionali in base al quale è possibile stimare 3 milioni di discendenti meridionali nati in Padania, compresi i bambini nati da coppie miste», il verdetto è di «9 milioni di individui, tra centro-meridionali etnici e loro discendenti puri o misti».

Una stima al ribasso secondo un utente milanese che rileva, nelle statistiche, «la mancanza dei clandestini, cioè di quelli che sono qui di fatto ma non hanno domicilio o residenza padane».

Dati eccessivamente gonfiati, al contrario, per un altro giovane lombardo: «Credo proprio che il meridionale al nord, specie se sposato con una padana, figli meno rispetto al meridionale che sta al sud». Una ragazza di Reggio Emilia taglia corto: «Non so quanti siano, non mi interessa il numero, so solo che sono troppi e che stanno rovinando una zona che era un'isola felice. Girando per strada difficilmente si incontra un reggiano! Purtroppo stiamo diventando una minoranza e i meridionali la fanno da padrone».

La Lega ha oramai ha allargato il proprio bacino elettorale, pertanto nella conversazione si inserisce anche un simpatizzante salernitano, il quale, invocando clemenza («io sono meridionale ma amo la Lega e odio i terroni che vengono qui al nord per spadroneggiare e per rompere i coglioni»), cede al medesimo meccanismo di autodifesa manifestatosi durante la recente campagna mediatica e politica anti-rom, quando non pochi cittadini rumeni hanno rivendicato distinzioni etniche dai connazionali residenti nei campi nomadi. Perché nel gioco all'esclusione c'è sempre chi sta peggio: «Certi meridionali non possono essere espulsi perché italiani, ma, se si potesse fare una bella barca, sopra ci metterei i meridionali che non lavorano e gli extracomunitari, che sono più bastardi dei meridionali».

Qualche nordico animatore del forum non indugia nel mostrare comprensione e solidarietà al fratello salernitano e si affretta a precisare come sia possibile ravvisare differenza tra "meridionali" e "terroni", spiegando che «terrone è colui che arriva e pensa di essere nel suo luogo di origine, e si comporta di conseguenza, tanto che nemmeno si offende se lo chiami terrone». Mentre altri addirittura osservano come il luogo di origine sia irrelevane, poiché «non è la provenienza che fa l'individuo, e nemmeno il sangue o il colore della pelle, ma unicamente l'atteggiamento».

L'insistenza dei più ostinati («se ne dicono tante sui cinesi ma sicuramente li rispetto più di certi meridionali o marocchini o slavi perché almeno lavorano e si fanno i fatti loro») incontra obiezioni che fanno emergere ulteriori differenze in seno ai giovani padani più "cosmopoliti", tanto da poter distinguere tra filantropi («di meridionali ne conosco tanti e tanti miei amici sono meridionali, per me un meridionale è colui che è venuto e lavora onestamente»), progressisti («esempi di integrazione con il passare degli anni si fanno più frequenti, sono esempi da non snobbare ma anzi da far diventare casi di scuola: piano piano li integreremo») e possibilisti («un meridionale che lavora e interagisce con gli altri vale quanto un settentrionale»). Su tutti cade però il richiamo ad un maggior pragmatismo da parte dei realisti: «Siete in ritardo di 40 anni, c'è ben altra gente che invade le nostre città, purtroppo!».

Trascorso qualche giorno, sul forum viene avviata una nuova discussione: «Un test per capire a quale sottogruppo della razza caucasica apparteniamo». Un test scientifico, affidabile, perché «per una volta non ci si basa sul colore della pelle, dei capelli e degli occhi, ma sulla forma del cranio».

Daniele Sensi (per l'Unità.it

16 ottobre, 2008

France 2: "In Italia non ci si vergogna più di dirsi fascisti"

 

Servizio trasmesso dal TG delle 20 del canale francese France 2, lunedì scorso:

Giornalista in studio: In Italia, un dibattito che agita il paese da diverse settimane, oramai: il fascismo si manifesta di nuovo, senza pudore? Sportivi famosi e uomini politici non esitano più a vantare aspetti positivi dell’operato di Mussolini. Allo stesso tempo, gruppi di tifosi di estrema destra provocano sempre più incidenti. Il Governo ha persino deciso di non distribuire più biglietti per le partite all’estero.
 
Corrispondente: Braccia tese e slogan inneggianti a Benito Mussolini, sabato sera, a Sofia, in Bulgaria. Ancora una volta il calcio italiano si fa veicolo involontario dell’apologia di fascismo. All’inizio di settembre è stato Christian Abbiati, portiere del Milan, a dire di condividere certi valori del fascismo.
A partire dall’inizio dell’anno, certi inquietanti sentimenti hanno varcato i cancelli degli stadi. Guardate questi saluti fascisti, ad esempio, davanti al municipio di Roma, lo scorso aprile, per festeggiare l’elezione alla guida della città di Gianni Alemanno, ex militante dell’estrema destra. 
A settembre è Ignazio La Russa, ministro della Difesa, anche lui proveniente dall’estrema destra, che durante una cerimonia dedicata alla Resistenza italiana, rende omaggio ai soldati fascisti.
 
La Russa: Farei un torto alla mia coscienza, se non ricordassi che altri militari, come quelli della Repubblica Sociale Italiana, combatterono per difendere quella che ai loro occhi era la Patria.
 
Corrispondente: Eccoli, quei soldati, alla fine della guerra; ultimi difensori invasati di un regime fascista colpevole delle atrocità commesse al fianco dei nazisti. 
Oggi la figura di Mussolini non è più tabù. La si trova per esempio a Roma, su calendari in vendita nelle edicole. 
 
Edicolante: Ricordo che quando ero giovane mia madre mi parlava molto bene di Mussolini, per esempio per tutti i lavori fatti nel Paese.
 
Corrispondente: L’architettura, vetrina di quel regime fascista che oggi molti cercano di riabilitare. Come qui, nel quartiere Eur, dove davanti allo stadio olimpico si possono ancora vedere mosaici alla gloria del Duce.
O ancora a Predappio, in Romagna, città natale del dittatore italiano.
Tra qualche giorno, alla fine di ottobre, migliaia di nostalgici di Benito Mussolini si ritroveranno, come ogni anno, nella sua città natale. Sono ormai sempre meno isolati e sempre meno marginalizzati nella società italiana.
 

12 ottobre, 2008

"Traditore!", sostenitori della Lega contestano Roberto Maroni

Buona parte della base leghista non ha apprezzato l'informativa urgente sui recenti episodi d'intolleranza di matrice xenofoba e razzista tenuta da Roberto Maroni alla Camera. Agli ascoltatori di Radio Padania Libera -che ha trasmesso la relazione in diretta - sono suonate come una beffa le parole del ministro dell'Interno che hanno descritto l'Italia di Berlusconi come il migliore dei mondi in cui un immigrato possa vivere e che hanno elogiato un «incremento esponenziale nel conferimento della cittadinanza e nell'accoglimento delle istanze d'asilo che collocano il nostro paese ai primi posti in Europa in quanto a politiche dell'accoglienza». 

Che l'argomento della diretta di Radio Padania siano il federalismo, la scuola, le tradizioni locali, se non un collegamento telefonico con Renato Pozzetto, appena gli spekaer aprono le telefonate, dagli ascoltatori, puntuali, giungono manifestazioni di dissenso. Ci sono, certo, militanti che lanciano strali contro Berlusconi, non capendo «come possa fidarsi del primo ministro romeno, un rom, figlio di rom, e cosa si aspetta, Berlusconi, da uno zingaro?». Così come ci sono quelli che attaccano «quel baluba nero che vorrebbe insegnare a Maroni come si fa il ministro dell'Interno», ossia il deputato democratico Jean-Léonard Touadi, originario del Congo, doppia laurea (Filosofia e Scienze politiche), docente universitario e giornalista. E poi ci sono i sostenitori che esprimono giusto un po' di amarezza «nel vedere il nostro ministro parlare così e fare la figura del solito fesso italiano di fronte agli altri paesi europei».

Ma i più non hanno dimenticato le promesse di quel manifesto, "Padano non fare l'Indiano", affisso in ogni angolo del Nord Italia e che sollecitava il voto alla Lega per procedere con il rimpatrio di tutti gli irregolari e con il blocco di nuovi sbarchi. Ed è alla Lega che ora qualche elettore chiede conto. Come Elisa, che avverte: «È ora di finirla con tutto questo parlare di accoglienza. Ma non lo vede Maroni che siamo in troppi? Decida lui, poi però ci penseremo noi militanti a rompergli i coglioni». Ammonimenti giungono pure da Lodi («Questo governo non è partito con il piede giusto. Stiamo prendendo le cose sottogamba e ne pagheremo le conseguenze»), da Lecco («Dobbiamo stare ad aspettare ancora a lungo? C'è un limite alla pazienza: perché non schierate la marina militare?») e da Milano («Le nostre montagne sono invase da terra, mare e cielo e nemmeno la Lega fa più nulla. Mi volete dare spiegazioni o non devo più votarvi?»). Qualcuno, con voce quasi malinconica, s'interroga su che fine abbia fatto «la vecchia, dura ed inflessibile Lega». Una donna,  esausta, chiede lumi: «Che devo fare? Me ne devo andare io? Ditemi però dove!». Anche Roberto da Como esprime perplessità sul ministro leghista: «La sua analisi è piena di lacune, perché accogliere tutta questa gente che non è stata invitata?».

A chi tiene conto degli sbarchi («Ieri ne sono arrivati più di mille, mi aspettavo che venissero respinti subito, e non che prima li dovessimo accogliere»), Alessandro Morelli, animatore del primo pomeriggio di Radio Padania, risponde invitando a pazientare, poiché «è solo sei mesi che siamo al governo, nessuno ha la bacchetta magica, ed è il diritto internazionale ad imporci di soccorrere le carrette del mare». Ma subito ci pensa un ascoltatore della Brianza a contestarlo: «Nessuno ci costringe ad accoglierli: quella del governo è una scelta politica». A Morelli non va meglio quando tenta di rassicurare lo scetticismo di Laura da Torino («ogni giorno ne vedo arrivare, arrivare, arrivare, però non vedo mai andar via nessuno») citando i voli charter che partono dall'Italia carichi di irregolari. Maurizio, dalla Lombardia, immediatamente lo fredda: «Sì, ma quanto ci costano questi voli?».

Si destreggia meglio Renata Galanti, responsabile della rubrica del Gruppo femminile padano. A fronte dell'ascoltatrice che si domanda se non ci siano interessi economici dietro gli sbarchi, le basta passar la palla all'onorevole Carolina Lussana che, in collegamento telefonico da Roma, conferma: «La tratta degli immigrati è un business, che coinvolge la Caritas, però». Stesso argomento di Leo Siegel durante il suo seguitissimo Filo diretto: «Il problema è l'industria del buonismo, il problema sono quelli che dovrebbero trovarsi un nuovo lavoro se gli invasori smettessero di arrivare». Ma è soprattutto sul premier che Siegel cerca di scaricare il malcontento, esortando un'ascoltatrice (che s'interroga se abbia ancora senso votare una Lega «che anziché eliminare un po' di gente parla di solidarietà») a non dubitare di Maroni, «il miglior ministro in assoluto», poiché il problema «è invece Berlusconi, quel Berlusconi che un giorno dovrà render conto al paese di cosa è andato a fare in Libia». Il malumore della base leghista tuttavia è inarrestabile e continua a  riversarsi in Radio, tanto da costringere il conduttore ad un richiamo generale: «Non si vota la Lega solo per il problema dell'immigrazione clandestina. Esistono altri temi che dovrebbero coinvolgerci». Una telefonata da Milano, però, taglia corto: «Ho ascoltato il discorso di Maroni e mi pareva di sentire un deputato di Rifondazione Comunista».

Daniele Sensi (per l'Unità.it)

08 ottobre, 2008

Lega Nord: "A Parma i vigili hanno sbagliato bersaglio. Ma contro i clandestini è legittimo l'uso di metodi duri"

Parole ambigue quelle pronunciate dal segretario provinciale della Lega Nord di Parma, Roberto Corradi, intervenuto su Radio Padania Libera per commentare la brutta vicenda che ha coinvolto Emmanuel Bonsu, il giovane ghanese che ha denunciato di essere stato malmenato e insultato da alcuni vigili urbani parmensi. «Se le cose si sono svolte così come ha raccontato il ragazzo si tratterebbe di fatti gravissimi», ha dichiarato Corradi, che però ha aggiunto: «A fronte di una sempre maggior insofferenza dei cittadini italiani per la presenza, sul nostro territorio, di stranieri irregolari il cui comportamento, quando va bene, si pone al limite della legalità, le forze dell’ordine hanno il dovere di agire in modo anche deciso, scegliendo ovviamente il bersaglio giusto». 

L’ambiguità sugli allarmanti episodi di razzismo di questi giorni sembra essere la regola a Radio Padania. I conduttori che si alternano alla conduzione respingono con fermezza le accuse loro mosse di giocare con la paura e con i rigurgiti xenofobi: «Noi non ce l’abbiamo con gli immigrati in quanto tali; ce l’abbiamo con chi viene qui per delinquere, non con quelli che lavorano». Eppure ogni venerdì Radio Padania manda in onda un appello al «boicottaggio permanente delle attività commerciali gestite da immigrati» (non sono lavoratori, questi?). Per non parlare dei messaggi xenofobi lasciati dagli ascoltatori sul sito della Radio di cui si dà lettura in diretta. Pierluigi Pellegrin, animatore di punta della programmazione pomeridiana, giornalista che sempre esorta a non lasciare messaggi «offensivi o indecenti, altrimenti non li leggo», non reputa abbastanza indecoroso rilanciare nell'etere il richiamo di un simpatizzante a «difenderci dall’invasione dei vari negozi cinesi e dei vari uomini marrone scuro che infestano le nostre spiagge e i nostri parcheggi, facendo attorno a loro terra bruciata e rompendogli i coglioni». 

Ed è proprio sul forum di Radio Padania Libera che in queste ore la base leghista si confronta su immigrazione e razzismo. “Longobardia min” (utente iscritto dal 2006) non ha dubbi: «L’invasore, 99 volte su cento, non è mai stato cacciato con metodi gandhiani, ma con la battaglia. Dobbiamo quindi essere pronti a prendere la palla al balzo e rispondere». Gli fa eco “The Collector” (anche lui iscritto dal 2006): «Cominciate con l’armarvi, rispettando le leggi, per carità, perché comunque milioni di fucili censiti in Padania un qualche effetto lo avrebbero sulla politica». Metodi più sbrigativi auspica invece “Spalton”: «I clandestini vanno buttati a mare come i desaparecidos cileni, perché mandarli a casa costa troppo». Al Partito democratico e a chi “difende i neri” viene invece mossa l’accusa di «collaborazionismo», suggerendo il ricorso a «diversi piazzali Loreto», senza i quali «non si combina niente». Anche i nuovi iscritti paiono impazienti di partecipare al dibattito. Tra di essi si distingue “Finn Mc’Coll”, che, forse riferendosi alla strage di Castel Volturno dello scorso 18 settembre (e con una certa approssimazione geografica), si chiede quale differenza ci sia tra «negri e napoletani, dal momento che sia gli uni che gli altri puzzano di merda». Osservazione cui un utente più anziano consiglia maggior moderazione nei toni, ma mica per altro: «Altrimenti rischi di essere bannato». 

Daniele Sensi (per l'Unità.it)

27 settembre, 2008

La Francia condanna Jeunesses Identitaires, movimento gemellato ai Giovani Padani

Cinquemila euro di ammenda e quattro mesi di carcere con la condizionale: questa la pena comminata dalla Corte d’appello d’Aix-en-Provence a Philippe Vardon, presidente di Nissa Rebela (partito identitario per l’indipendenza di Nizza) a termine di un processo che ha visto le associazioni antirazziste MRAP e Sos-Racisme costituirsi parte civile. 

A Philippe Vardon è stata attribuita la paternità di un volantino -dalla Corte giudicato islamofobo- distribuito nel 2006 davanti ad un liceo nizzardo dal movimento Jeunesses Identitaries, organizzazione (di cui all’epoca Vardon era presidente) che si pone come punto di raccordo tra le diverse formazioni giovanili dei partiti identitari europei (ne sono gemellati anche i Giovani Padani) e di cui Nissa Rebela costituisce espressione politica. 

Disposte, anche, pene inferiori per semplici militanti del movimento identitario francese ritenuti colpevoli di discriminazione ed incitamento all’odio razziale, nonché un’ulteriore complessiva ammenda di trentamila euro per Jeunesses Identitaires ed altri 4 mesi di condizionale e due anni di privazione dei diritti politici per Philippe Vardon a seguito di un procedimento giudiziario parallelo in cui questi era accusato di aver ricostituito, proprio tramite Jeunesses Identitaires, la formazione neofascista d’Unité radicale, lega disciolta con decreto della Repubblica nel 2002 a seguito del fallito attentato, da parte di un suo aderente, ai danni dell’allora presidente Chirac. 

Il tono del volantino incriminato (“Né velate, né violate – giù le mani da mia sorella”) fa quasi sorridere in confronto alla propaganda anti-islamica di certi rappresentanti della Lega Nord, la cui spregiudicatezza da un po’ di tempo incontra l’ammirata invidia dell’estrema destra francese. Solo tre settimane fa Mario Borghezio aveva presenziato proprio all’inaugurazione della nuova stagione politica autunnale di Nissa Rebela, dietro invito dello stesso Philippe Vardon. L’eurodeputato leghista aveva relazionato sull’esperienza in corso degli “identitari padani al governo dell’Italia”, richiamando la necessità di rivalutare il lavoro di personaggi quali Julius Evola, capaci di fornire i “fondamenti metafisici e spirituali della battaglia identitaria”. 

Il ministro Maroni, lunedì scorso ospite di Bruno Vespa, ha rassicurato: “il Governo è impegnato nel contrastare ogni forma di intolleranza razziale”. Peccato che a Venezia, sul palco della recente “Festa dei Popoli Padani”, sia stato proprio Maroni a salutare come esempio, da cui tutti i sindaci dovrebbero prendere ispirazione, Giancarlo Gentilini. Il Giancarlo Gentilini che di lì a poco avrebbe arringato la folla chiedendole di seguirlo in una “rivoluzione” basata sulla “eliminazione dei bambini zingari che rubano” e delle “etnie straniere dalle nostre strade”. Succedeva lo scorso 14 settembre. Lo stesso giorno in cui a Milano veniva ucciso a sprangate Abdoul Guiebre, per gli amici “Abba”. 

Daniele Sensi

05 settembre, 2008

Mario Borghezio domani a Nizza ospite di Nissa Rebela

La Lega Nord continua a tessere, instancabile, le sue relazioni internazionali. E in attesa del Congresso anti-islamico di Colonia, l’eurodeputato Mario Borghezio prenderà parte (domani, a Nizza), all'incontro di inaugurazione della prossima stagione di lotta del movimento Nissa rebela, formazione identitaria di estrema destra che in Italia già aveva raccolto le simpatie del Blocco studentesco di Verona. 

È la stessa Nissa Rebela a dare notizia, in un comunicato stampa, dell’adesione leghista. Mario Borghezio, che sarà accompagnato dal giovane Edoardo Rixi (vicesegretario della Lega Nord Liguria), relazionerà sul tema: “Gli identitari al governo dell’Italia”. A fare gli onori di casa, Philippe Vardon,  presidente di Nissa Rebela ed ex-portavoce del Blocco identitario (organizzazione alla quale si deve l'iniziativa della “zuppa identitaria”, rigorosamente a base di carne di maiale), il cui motto è: “Maîtres chez nous”, padroni a casa nostra. Che fantasia.

29 agosto, 2008

L'estrema destra francese elegge la Lega Nord a guida e faro nella lotta contro gli "invasori musulmani"

Il sito francese “Observatoire de l’islamisation” (piattaforma che, “nel rispetto dei musulmani in quanto individui, prime vittime spirituali di un indottrinamento potente e alienante”, si pone come obiettivo quello di contrastare l’”avanzata di un Islam che, nella sua forma classica, è un’ideologia politico-religiosa conquistatrice, incompatibile con la civiltà laica e democratica europea”) saluta con entusiasmo la proposta di legge avanzata dalla Lega Nord che prevede costruzione di nuove moschee solo a seguito di consultazione referendaria tra i cittadini, celebrazione delle funzioni solo in lingua italiana ed interdizione delle attività non legate al culto, quali formazione ed istruzione.

Il sito, che sottolinea le parole di Roberto Cota, capogruppo leghista alla Camera, secondo cui l’Islam “è l’antitesi dell’Occidente e la moschea è un centro politico e simbolico che riveste, anche, una dimensione militare” , riferisce dell'imminente partecipazione di una delegazione della Lega Nord al congresso anti-islamico di Colonia, rimproverando all’UMP (il partito di Sarkozy) di non intrattenere rapporti col Carroccio nonostante la Lega faccia parte del governo italiano. Ma rimprovera anche Philippe de Villiers ed altri esponenti dell’estrema destra francese, i quali, si legge, in confronto all’”audacia” leghista sembrano dei “boy scout”. Philippe de Villiers è il leader dell’MPF (Movimento per la Francia), partito che denuncia l’”influenza insidiosa di elementi dell’Islam radicale in luoghi strategici quali aeroporti, scuole ed ospedali”. 

Il testo in elogio della “coraggiosa” battaglia leghista contro l’”invasione islamica” sta rimbalzando sulle pagine web della galassia "nera"  francese. È stato rilanciato da blog ufficiali del Fronte nazionale di Le Pen, dal periodico online NovoPress (organo del Blocco identitario, movimento al quale si deve la distribuzione, ai senzatetto, della “zuppa identitaria”, a base di carne di maiale) e dal sito delle Gioventù identitarie (organizzazione che si propone come luogo di aggregazione dei giovani europei ai quali stia a cuore la difesa delle proprie radici dalla “peste dell’immigrazione”). Rilanciano l'elogio anche pagine del Movimento nazional repubblicano, formazione nata da una scissione nel Fronte nazionale che, delusa da Le Pen, ora suggerisce: “L’esempio ci viene da Roma”.

12 agosto, 2008

Le Monde: "In Italia i sindaci-sceriffo hanno ormai carta bianca in materia di legge e ordine"

Traduco un articolo che uscirà sul Le Monde di domani:

Le ordinanze comunali italiane in materia di ordine pubblico erano percepite, fino ad ora, come folclore, operazioni di rappresentanti della Lega Nord in cerca di visibilità: dal “premio di produzione” di 500 euro promesso agli agenti della polizia municipale di Adro, in Lombardia, per ogni clandestino fermato e portato in questura, all’interdizione dell’accattonaggio nei pressi delle chiese, ad Assisi, città di San Francesco.

Ma con la destra al potere e l’arrivo di Roberto Maroni, dirigente del partito populista, al ministero dell’interno, il “sindaco-sceriffo” è divenuto realtà. Il 5 agosto il ministro ha firmato il decreto che concede ai sindaci pieni poteri in materia di sicurezza, rendendoli “funzionari governativi” sul territorio, potendo così esercitare il loro potere, ad esempio, contro la prostituzione, il traffico di droga, la mendicità -in particolare quella minorile- la violenza connessa all’abuso di alcol e l’“oltraggio alla decenza”. I sindaci sono semplicemente tenuti a comunicare le loro ordinanze al prefetto, che ad esse, comunque, non può opporsi.

E le ordinanze si moltiplicano. A Roma, il nuovo sindaco di destra, Gianni Alemanno, prevede, al rientro estivo, di riarmare la polizia municipale, di proibire l’accattonaggio e di prendere misure contro i lavavetri ai semafori. Il divieto di rovistare nei cassonetti dell’immondizia è stato, per il momento, messo da parte, in seguito all’allarme lanciato dal mondo cattolico.

Le iniziative vengono da destra come da sinistra. A Vicenza, in Veneto, il sindaco, Achille Variati, membro del Partito democratico (centrosinistra), se la prende con i bivacchi nelle città, misura che colpisce soprattutto i Rom. Uno dei pochi eletti di sinistra nel Nord alle scorse elezioni di primavera, e che aveva basato la sua campagna elettorale sulla “tolleranza zero”. “La sicurezza, dice, non ha etichette, ci riguarda tutti. I miei concittadini si aspettano che siano combattute tutte le illegalità, da quelle più piccole a quelle più grandi”. Con una differenza, tuttavia, rispetto ai suoi colleghi di destra. “Noi agiamo anche sul versante della solidarietà. La misura colpisce i nomadi che si installano in città al di fuori di ogni regola, ma a quelli che qui hanno la loro residenza offriamo posto in un campo regolamentato, con tutto ciò che questo comporta, a cominciare dalla frequenza scolastica per i bambini”, aggiunge in sindaco.

Come in certi comuni di destra, Vicenza ha introdotto un’ordinanza che alza a 500 euro la multa minima per le autovetture dei clienti delle prostitute che “rallentano il traffico”. Le prostitute stesse rischiano una grossa ammenda per “attentato al pudore”.

È stato un comune di sinistra, Firenze, a dare il via, nel 2007, all’interdizione dei piccoli “lavavetri”, provvedimento adottato poi da molte altre amministrazioni comunali, così come quello contro l’accattonaggio, che ha spinto il cardinale Renato Martino, responsabile del Vaticano per la giustizia e per i migranti, a reagire, l’8 agosto: “Mendicare è un diritto umano fondamentale per coloro che hanno fame e freddo. Il vero povero ha il diritto di cercare come può di procurarsi un pezzo di pane e chiedere aiuto al suo prossimo”.

A Verona, il sindaco della Lega Nord, Flavio Tosi, non la pensa così e prevede la confisca del denaro racimolato e una sanzione di 100 euro. Ad Assisi, il sindaco di destra, Claudio Ricci, difende l’ordinanza che proibisce la questua nei pressi delle chiese, “attività sovente legata alla microcriminalità. Lottando contro questo racket, noi non abbiamo che anticipato il decreto Maroni. La sicurezza, per una città come la nostra, con 6 milioni di turisti all’anno, è una condizione indispensabile”.

A Novara, in Piemonte, niente più gruppi formati da più di due persone, la notte, in alcuni parchi della città. “Avremmo potuto chiuderli, i parchi, tenendo conto delle proteste di chi ci vive vicino”, si giustifica l’assessore Mauro Franzinelli, della Lega Nord. La formazione populista vuole spingersi ancora più in là: a Boltiere, vicino a Bergamo, in Lombardia, a partire dall’autunno, alcuni cittadini volontari riceveranno l’addestramento da “ausiliari civici”, al fine di aiutare la polizia municipale. Ad Adro, la città del “premio anticlandestini”, non ce n’è bisogno: la norma, che risale al 2006, non ha avuto l’impatto previsto. Quattro clandestini portati in questura, il primo anno. Dopo, più niente. Nessun clandestino fermato, e nessun premio per gli agenti della polizia municipale.

Salvatore Aloïse, Le Monde, 13/08/2008
(traduzione di Daniele Sensi)

06 agosto, 2008

Radio Padania: "Boicottate i negozi degli immigrati!"

(Clicca per ascoltare un estratto audio della trasmissione) 

Boicottare tutte le attività commerciali gestite da cittadini immigrati: questa la parola d’ordine lanciata nel tardo pomeriggio di lunedì dall’emittente radiofonica Radio Padania Libera, nel corso della trasmissione "Padania sempre sarà repubblica del nord". 

A condurre in studio, Marco Pellegrini e Luca Talice, capogruppo leghista al consiglio comunale di Seregno (MI).

Un appello ripetuto, ossessivamente, per un’ora intera: un invito al boicottaggio permanente, rivolto a tutti i “soldati del nord”, contro la “colonizzazione in atto”, perché “per ogni loro attività che apre ne chiude una delle nostre”. Talice e Pellegrini reputano intollerabile vedere “italiani e padani che vanno a mangiare il kebab”, in zone nelle quali, per il “degrado portato da quelle attività”, le “persone normali non andranno più”, a danno “dei negozi padani lì ancora presenti”. E ammoniscono: “Quando non preparano il kebab davanti ai vostri occhi è perché agli infedeli vendono un panino diverso da quello che consumano loro”. 

Loro creano una diseconomia, fanno acquisti e vanno a mangiare solo nei 'loro' negozi, nei 'loro' ristoranti”, aggiunge Pellegrini. Il quale candidamente osserva: “Questa immigrazione sta creando ancora più problemi di quella meridionale”.

Nel corso della trasmissione, i conduttori danno prova della stessa ambiguità alla quale Maroni oramai ci ha abituati. “Le amministrazioni locali devono far di tutto per rendere il più difficile possibile l’apertura di queste attività”, spiegano Talice e Pellegrini, che però, pochi istanti dopo, sfacciati ripetono, da copione: “Noi non siamo razzisti, perché noi ce l’abbiamo con chi viene qui per delinquere, non con chi viene qui per lavorare”. 

Poi, come a voler mettere le mani avanti: “Non ci si può accusare di niente, il boicottaggio è sempre stata una forma lecita di lotta pacifica”. 


29 luglio, 2008

Lega Nord a congresso con i neofascisti di tutta Europa

La Lega Nord aderisce al “Congresso contro l’islamizzazione” indetto a Colonia, dal 19 al 21 settembre prossimo, dal movimento "Pro Köln". Ne dà notizia il sito informativo francese Rue 89

Al congresso sarà presente un po’ tutta la galassia dell’estrema destra europea. Tra gli altri interverranno il fiammingo Vlaams Belang, nato sulle ceneri del Vlaams Blok, partito sciolto dall’Alta Corte belga per incitamento alla discriminazione e all’odio razziale, e l’Npd, organizzazione orgogliosamente neonazista che in certe regioni del nord della Germania supera il 30 per cento dei consensi. 

LNpd è quel partito i cui deputati, un paio di anni fa, uscirono dall’aula mentre l’Assemblea osservava un minuto di silenzio in memoria delle vittime di Auschwitz e che, in occasione del 60° anniversario della fine delle seconda guerra mondiale, intendeva manifestare nei pressi della Porta di Brandeburgo, sventolando la bandiera uncinata a pochi metri dal Memoriale della Shoah

Annunciata, anche, la presenza del "Lavoro, Famiglia e Patria" di Henry Nitzsche (già membro della CDU ma indotto ad abbandonare il partito a seguito di sempre più esplicite manifestazioni di simpatia per l’estrema destra neonazista) e della rivista, anch’essa tedesca, Nation-Europa, fondata da ex appartenenti alle SS e le cui pagine vantano la firma di Alain de Benoist, ideologo della Nuova Destra francese nonché uno dei “Buoni Maestri” dei nostri Giovani Padani, come si può leggere sul loro sito

Aderiscono anche l’Fpö austriaco ed il francese Front National di Le Pen, adesione, quest’ultima, che desta qualche preoccupazione oltralpe. Che dire, quindi, della Lega, la quale, a differenza di Le Pen, trova sponda presso i partiti conservatori sedendo con loro al governo.


24 luglio, 2008

France 2: "Italia, nomadi muoiono tra l'indifferenza dei bagnanti"

Servizio del TG delle 20 del canale pubblico francese France 2 (23 luglio). Questa la traduzione:

Giornalista in studio: «In Italia la sorte riservata ai rom e ai nomadi suscita inquietudine. Mentre le autorità, in particolare a Roma, hanno cominciato a censire gli abitanti dei campi nomadi -cosa che ha determinato proteste da parte dell’Europa che parla di una “discriminazione diretta”- a Napoli l’incredibile indifferenza dei bagnanti -a pochi passi, sulla spiaggia, da due ragazzine annegate- rivela la scarsa considerazione riservata a queste popolazioni». 

Inviato: «I villeggianti non hanno quasi smesso di prendere il sole, malgrado la presenza dei corpi di due ragazzine catturate dal mare. Due bambine rom, Violetta e Cristina, che vendevano bevande e accendini sulla spiaggia: hanno deciso di fare un bagno, ma sono state travolte dalla corrente. I vacanzieri si sono di nuovo distesi sulla sabbia attendendo che le bare arrivassero. Poco coinvolti da questo dramma che tocca la comunità nomade, attualmente bersaglio delle autorità. Il governo Berlusconi ha avviato un’operazione di censimento dei nomadi a Roma, Napoli e Milano. Se ne stimano 10 mila attorno alla capitale. La polizia, accompagnata dalla Croce Rossa, domanda alle persone se sono vaccinate, se i loro figli vanno a scuola. Le famiglie non sono obbligate a rispondere - ma per le associazioni si tratta di una schedatura etnica».  

Inviato: «Il Governo vorrebbe pure rilevare le impronte di circa 150 mila nomadi - e persino di tutta la popolazione, per evitare polemiche. Il prefetto di Roma afferma che questo censimento è volto innanzitutto ad aiutare le famiglie nomadi».  

Prefetto Carlo Mosca: «Potranno così accedere a tutta una serie di servizi, sul piano umanitario e sociale.  

Inviato: Un incendio provocato da una bottiglia molotov in un campo in cui vivono 600 nomadi, vicino a Roma, rilancia l’ostilità alla presenza degli immigrati sul territorio italiano».


15 luglio, 2008

Berlusconi alla tv francese: "Il 14 luglio? Mi ricorda Yves Montand e Pigalle"

Dichiarazione rilasciata da Silvio Berlusconi -a Parigi per i festeggiamenti del 14 luglio (Presa della Bastiglia, Rivoluzione francese, Diritti dell'uomo e del cittadino...)- all’emittente francese BFM: 

«Ero studente alla Sorbona, il giorno; e la notte lavoravo a Pigalle. E c’era una canzone che ricordo molto bene, “à Paris”, che diceva, nel finale: “Da quando a Parigi s'è presa la Bastiglia, in ogni borgata e ad ogni incrocio, ci sono ragazzi e ragazze che senza sosta danzano nella strada”. Questi sono i miei ricordi. Ed è per questo che sono veramente contento di essere finalmente qui per festeggiare con gli amici francesi il 14 luglio».

Laconici, alcuni blogger francesi si chiedono: “Ma che ci faceva Berlusconi a Pigalle, quartiere dei sexy shop?” 

29 giugno, 2008

Rifiuti campani, Umberto Bossi contestato dal popolo leghista

Fine settimana di imbarazzo negli studi di Radio Padania Libera. Dopo l'ok di Bossi e Calderoli allo smaltimento dei rifiuti campani nel nord Italia, simpatizzanti e tesserati leghisti si sentono traditi. “Nemmeno un grammo della spazzatura napoletana finirà nei nostri termovalorizzatori!”, aveva tuonato la Lega in campagna elettorale. Ed ora la fedeltà solennemente giurata a Pontida dal popolo padano vacilla. Si susseguono i programmi, si alternano i conduttori, ma il tenore delle telefonate che giungono in radio è sempre lo stesso: “State calando le braghe! State solo aiutando Berlusconi a farsi gli interessi suoi!”. 

Marco Pellegrini, speaker di “Padania sempre sarà repubblica del nord”, tenta di dirottare il malumore verso i nomadi: “Parliamo dei sinti che la sera vanno a giocare al casinò ma che pretendono villa e piscina gratis!”. Gli ascoltatori, però, non ci stanno. “Sarà il caldo, ma ho l’impressione che Bossi e Calderoli si stiano ammosciando, attentando ai nostri interessi e alle nostre idee”, replica uno. Per Pellegrini nemmeno il tempo di ribattere, che un altro rilancia: “Noi siamo già verdi, ma non vorrei che con la diossina Bossi voglia farci diventare verdi pure i cuori”. Mai l’esercizio di critica si era spinto tanto in alto, fino a coinvolgere il capo carismatico.

Anche Matteo Salvini, oggetto fino all'altro ieri di venerazione politica da parte della base leghista, non ne esce bene: “Stamattina Matteo ci aveva detto che si trattava solo di una bufala architettata da Repubblica e di non leggere quel giornale che racconta solo bugie”, si lamenta un’ascoltatrice lombarda, “ma, un’ora dopo, la notizia è stata confermata in televisione: che figura!”. Luca Talice, in studio con Pellegrini, gioca la carta della “magistratura politicizzata”: “Forse i nostri leader si sono espressi così perché la magistratura attacca il governo guarda caso ora che è alle porte il federalismo fiscale”. Per poi concludere: “Noi tutti abbiamo firmato una delega in bianco al nostro capo, dobbiamo avere massima fiducia in lui”. Ma la fiducia traballa. Un ascoltatore di Novara: “Com’è che prima parlavate diversamente? Non è che anche voi, come gli altri, pensavate solo a sistemarvi?” 

Altra trasmissione, altro conduttore: "Parliamo del campionato europeo di calcio". Chiama un militante modenese: “Che mi importa del campionato? Quello interessa agli italiani, ed io non sono italiano. Mi importa invece delle cose serie: ricordatevi che qui abbiamo fatto i presìdi durante il governo Prodi contro l’immondizia che arrivava, ci dicevate, per colpa del governo di sinistra… in quei presìdi noi militanti ci abbiamo messo l’anima! ”. Come risposta, di nuovo, la magistratura: “Questo è il momento di far quadrato attorno alla Lega, perché i giudici vogliono sovvertire il risultato elettorale”.

Un'ascoltatrice udinese avverte: “Arrivo adesso con mio marito dal parco: guardate che sono davvero in tanti a lamentarsi”. Un’altra esclama risentita: “Ma ci state prendendo in giro? Siamo stufi di fare i pagliacci!”. A corto di argomenti, il conduttore in  studio prima esorta a “non cadere nella trappola tesa dagli organi di informazione”, poi, spossato, sollecita gli ascoltatori a cambiare argomento, perché “che ci frega a noi della spazzatura napoletana!”. Ed una militante, al telefono, subito lo fredda: “La spazzatura napoletana non è una questione tanto marginale: se roviniamo il nostro terreno che ce ne facciamo poi del federalismo?

Parliamo di altro”, insistono ancora i conduttori, “parliamo del reato di clandestinità, parliamo dei rom che non lavorano: avete mai visto un rom lavorare?”. La base, tuttavia, non demorde. Le telefonate di protesta non cessano di arrivare. Nessuno vuol parlare d'altro. Quando infine da Radio Padania si leva l'appello a telefonare per “abbracciare Bossi, per esprimere solidarietà a lui che per il movimento ci ha rimesso la salute”, un’anonima voce femminile, sconsolata, annota: “Sono in Lega da trent’anni, ma oggi mi sento davvero tradita”.


16 giugno, 2008

Radio Padania: "I rom uccisi nei lager nazisti? Evidentemente qualche colpa ce l'avranno"

 

(clicca per ascoltare un estratto audio della trasmissione)

E’ ancora delirio anti-rom su Radio Padania Libera. Dopo le parole di Leo Siegel ("Certamente c'è stata la persecuzione nazista dei Rom, ma sarebbe facile fare battute sul perché e per come") e di Matteo Salvini ("è più facile derattizzare i topi che scacciare gli zingari"), è la volta della trasmissione (satirica?) "Mai dire Italia", condotta da Massimiliano Romeo, assessore alla sicurezza e viabilità del comune di Monza, e, in collegamento telefonico da Roma, dallo stesso Salvini.

Un ascoltatore parla di rom in termini di "parassiti, come pulci sui cani" coi quali, nei lager nazisti, "pure gli ebrei non volevano aver nulla a che fare". La replica di Massimiliano Romeo: "Se nel corso della storia i rom non si sono fatti molto amare, evidentemente qualche colpa ce l’avranno pure, qualche errore lo avranno commesso".

Sempre Romeo: "In Romania ci sono bravissime persone, in tanti cantieri si trovano tanti rumeni che sono persone oneste, mentre i rom sono un'altra cosa. I rom sono una etnia particolare, che crea problemi". 

Matteo Salvini richiama "all’ordine" il collega, invitandolo a precisare che "noi si è contro ogni forma di violenza", perché "Gad Lerner magari ci sta ascoltando e poi manda questo pezzo in onda". 

"Se c’è qualche rom che si vuole integrare ben venga, c’è la nostra disponibilità", precisa, allora, Massimiliano Romeo. 

Ma quando un ascoltatore ricorda di come "da piccolo mia nonna mi chiudeva in casa al passaggio degli zingari, perché si diceva che rapissero i bambini",  subito chiosa: "Li rubano ancora adesso, non ci dirai anche tu che si tratta di leggende metropolitane". E Salvini: "No, adesso li prendono in prestito, in affido".


08 giugno, 2008

Giovani Padani: "I Marocchini? Marroni come la cacca"

Radio Padania, trasmissione "La Catapulta" dei Giovani padani. Si commenta la delibera della giunta comunale di Milano che prevede l’innesto, in città, di 1600 alberi al fine di compensare quelle che saranno le emissioni di CO2 del Festival Internazionale dell’Ambiente. "Almeno Milano così sarà più verde e meno marrone… perché ce ne sono tanti di marocchini ormai a Milano", dice uno dei ragazzi. E il conduttore: "Sì, ce ne sono troppi di marocchini…. perchè la cacca è marrone!". 

Risate in studio. E poi una proposta: arresto in flagranza di reato per gli "islamici che stanno sul marciapiede a pregare". 

Qui sotto, l'audio.

01 giugno, 2008

France 2: "Lega Nord, un partito xenofobo al governo dell'Italia"

 

Servizio trasmesso dal canale pubblico francese "France 2" lo scorso 12 maggio. 

Di seguito, la traduzione. 

Corrispondente: Non è un trionfare modesto quello di Giancarlo Gentilini. Davanti ai suoi militanti euforici, nel suo piccolo paese veneto, il tribuno della Lega Nord coltiva il suo gusto per la provocazione.   

Voce che traduce Gentilini: Popolo della Lega, io voglio liberare le nostre strade dagli immigrati clandestini: via tutti! Non voglio moschee: distruggiamole! - viva la Lega! 

Corrispondente: Attorno a lui, sfilano alcuni dei 60 deputati e dei 25 senatori della Lega, come Luca Zaia, che da lì a poco sarà nominato ministro dell’Agricoltura del nuovo Governo Berlusconi.  

Voce che traduce Zaia: Occorre un archivio del DNA di tutti gli immigrati che vivono in Italia!  

Corrispondente: La Lega Nord, un partito xenofobo nel cuore del potere. In quel Veneto rurale e prospero in cui regna ancora la piena occupazione, la Lega attira il 30 per cento degli elettori e cristallizza le paure degli abitanti. Le grandi città del nord hanno ceduto al discorso securitario: Verona, 260 mila abitanti di cui 30 mila stranieri, è la nuova vetrina della Lega Nord. Le sue arene romane, il balcone di Romeo e Giulietta e il suo sindaco di 38 anni eletto lo scorso anno con il 61 per cento dei voti. Flavio Tosi è fiero di mostrare una delle sue opere: la distruzione di un campo che accoglieva nomadi rumeni.  

Voce che traduce Tosi: Queste macerie non sono qui per caso: servono a rendere il terreno impraticabile affinché quelli non possano tornare. Le persone che non vogliono integrarsi non sono le benvenute.  

Corrispondente: Chiudere le frontiere ed espellere i clandestini: l’ossessione di Umberto Bossi. Indebolito da un attacco cardiovascolare, il leader storico della Lega Nord intende ancora pesare sul suo alleato Silvio Berlusconi. I due uomini si conoscono bene: dal 2001 al 2006 Umberto Bossi ha già fatto parte del governo di Silvio Berlusconi. Ma questa volta la Lega Nord ha raddoppiato il suo peso elettorale e conta di imporre le sue vedute in materia di immigrazione in seno al nuovo governo.

09 aprile, 2008

Matteo Salvini, Lega Nord: "Gli zingari peggio dei topi"

Milano. Sgomberato il campo nomadi della Bovisa, Matteo Salvini, il "maître à penser" dei giovani padani, si aggira in zona, tra i banchi del mercato, in collegamento telefonico con Radio Padania Libera. C'è da raccogliere l'entusiamo del giorno dopo, la soddisfazione dei concittadini. Che per la verità parlano poco di nomadi. Preferiscono lamentarsi di pensioni e carovita. Anche quando un po’ imbeccati dallo stesso Salvini si esprimono su immigrazione e sicurezza, loro suggeriscono che sì, occorre essere duri con i violenti, ma accoglienti verso gli altri. Che delusione! Pensare che Salvini gioiva durante lo sgombero del campo, esultava davanti alle ruspe, dolendosi, in una giornata altrimenti impeccabile, di non poter condividere quello "spettacolo" con gli ascoltatori di Radio Padania. Perché non si era tutti lì a brindare per la becera conquista? 

Infine, qualcuno si avvicina al suo microfono, non per denunciare un principio di accampamento abusivo di nomadi, ma un vicino accumulo di macerie e di murature diroccate infestate dai topi. Ed è allora che Matteo Salvini rassicura: "I topi sono più facili da debellare degli zingari", dice. Senza remore. Senza vergogna. 

Qui sotto, l'audio.


 

10 marzo, 2008

Radio Padania: “Nebbia sparita grazie alla Lega Nord”

Al grido di "Venezia risorga, risorga Venezia!", Radio Padania dice la sua sui mutamenti climatici che stanno investendo il mondo. Senza imbarcarsi in tecnicismi su assottigliamento della fascia di ozono ed emissioni di Co2. Perché non sono le attività umane ma i mutamenti socio-politici a determinare, secondo Radio Padania, gli sconvolgimenti del clima. 

Così esposta, la tesi non sembrerebbe nemmeno bizzarra. Non è vero che atteggiamenti culturali dominanti determinano specifici sistemi di produzione industriale e di organizzazione urbana che interagiscono con l'ecosistema?  

Peccato che Radio Padania intenda affermare qualcos'altro, in un argomentare avulso al principio di causalità fisica. Tanto che il conduttore si sente di puntualizzare: non si tratta di posizione "spiritistica", ma "analogico-sincronica". 

All’origine ci sarebbe un non meglio specificato "studioso brasiliano" che avrebbe spiegato un presunto mutamento climatico verificatosi nell’altopiano brasiliano quale "effetto" dell’edificazione della città di Brasilia. Tale variazione non sarebbe da addebitarsi, secondo lo "studioso", all’intensa attività urbana - e magari al conseguente inquinamento- di una città costruita dal nulla, quasi da un giorno all’altro, bensì alla del tutto astratta nuova realtà "psicosociale" di una zona divenuta all’improvviso "regione di capitale". In virtù di una sorta di incontrollabile - e non verificabile- osmosi unidirezionale tra attività neuronica ed attività atmosferica. 

Il conduttore propone la tesi agli ascoltatori, elencando quelle che, secondo lui, sembrerebbero essere evidenze cronologiche in grado di avvalorarla: " L’11 settembre era un giorno molto bello in America, ma dall’incredibile foschia qui da noi, e da allora si è verificato qualcosa di non riconducibile alle tradizionali leggi meteorologiche: un 2002 rocambolesco; un 2003 estremamente asciutto; un 2004 ventosissimo; un 2005 dall’agosto molto piovoso; un 2006 complessivamente accettabile ma temporalesco; un 2007 tendenzialmente buono ma caratterizzato da forti scompensi climatici e da un’estate più fredda del solito". 

E se pure l’Inghilterra degli ultimi anni non conosce più "piogge bibliche" è perché "deve essere lì successo qualcosa di riconducibile al discorso socio-cultural-politico". 

La prova definitiva della validità della tesi? In "Padania", ovviamente. Le "ricerche" dello "studioso brasiliano" fornirebbero la chiave di lettura alla "evidenza di un parallelismo particolarmente accentuato tra evoluzione dirompente in senso federalistico del pensiero cultural-politico e il mutamento climatico verificatosi in Padania". 

Spiega il conduttore: "L’ultima estate di tipo tradizionale fu quella del ’79, l’anno del famoso incontro tra Salvadori, leader del partito autonomista valdostano, ed i grandi soggetti formatori di quella che sarebbe divenuta la Lega Nord. La sensibilità verso il federalismo si è accentuata negli anni ’80 per trovare definitivamente spazio in Parlamento e sui media negli anni ’90. E tra la fine degli anni ’70 e metà degli anni ’90 il clima ha subito un processo di accelerazione notevole, è aumentata progressivamente la piovosità così come si sono alzate le temperature, e, quanto alla nebbia, ora ve n’è meno da noi che non nelle valli romane, casertane e foggiane."

Il discorso si sofferma, in particolare, sul 1996, anno "assolutamente abnorme da un punto di vista climatico, con una primavera particolarmente mite ed un’estate particolarmente afosa, nonché un agosto tragicamente piovoso". Per chi non lo ricordasse, nel 1996 veniva dichiarata la "Padania indipendente". Sempre il conduttore: "Il giorno della consacrazione della Padania, in particolare, la temperatura era molto bassa e soffiava un vento elevato in un contesto, quello veneziano, generalmente non caratterizzato da particolare ventosità". 

I meteorologi tradizionali saranno in grado di registrare simili "parallelismi analogico-sincronici"? No; ecco perché il conduttore esulta per come " i meteorologi romani e napoletani " avrebbero lasciato parte del loro spazio "a quelli padani", che "per la prima volta si sono affacciati alla storia e hanno rivendicato la loro autonomia di giudizio".


24 febbraio, 2008

Leghisti in pellegrinaggio in Terra Santa: a lezione di esoterismo?

La Terra Santa diventa meta di pellegrinaggio politico per iniziativa di Mario Borghezio. A ridosso delle festività pasquali, la fondazione presieduta dall’eurodeputato leghista, "L’Europa dei popoli", organizza una tre giorni nei luoghi del Cristo. Ne dà notizia Radio Padania, durante la rubrica "Padana viaggi". 

Non si tratta solo di cristianità piegata ad un impegno politico inteso come resistenza all’Islam. Qui c’è dell’altro. Un’ambiguità di fondo – oppure una certa confusione sul piano delle idee. L’evento principe del pellegrinaggio sarà, infatti, un convegno - che si terrà a Gerusalemme- su "Il simbolismo della croce", per assistere al quale è anche previsto un volo charter per quanti non fossero interessati alle altre tappe del programma. Dove sono l’ambiguità e la confusione? "Simbolismo della croce" è un libro del 1931 di René Guénon, di cui già una volta Borghezio aveva caldeggiato la lettura ai suoi avversari. E il "simbolismo" di quel testo non ha a che fare con la teologia, bensì con l’esoterismo. 

Perché è di esoterismo e di occultismo che Guénon - massone - era studioso. Uno studioso che concepiva i suoi scritti come strumenti per "rifondare" la massoneria, la quale, a suo parere, connotandosi nel tempo in senso sempre più antireligioso aveva finito con il tradire se stessa. Ma è soprattutto un aspetto della "dottrina" di Guénon a cozzare con lo spirito cristiano che Borghezio pretenderebbe arruolare sotto una camicia verde. Per Guénon la croce ha una carica simbolica in sé, a prescindere dal sacrificio del Nazareno: la croce non assurge a simbolo in seguito alla passione di Gesù, dice Guénon; piuttosto Gesù scelse una croce per immolarsi proprio perché essa già aveva in sé e dall’origine dei tempi un significato simbolico. Vero che in conformità con lo spirito massonico la croce si fa così "simbolo del valore universale riconosciuto in tutte le epoche da tutti i popoli, senza distinzione di razza e religione", non si vede, però, cosa questo relativismo di una croce riconosciuta sì ovunque, ma in quanto svuotata del suo significato teologico cristiano, abbia a che fare con un pellegrinaggio in Terra Santa, oltretutto in prossimità della ricorrenza pasquale.

Ancor più vero, invece, che, se una croce vale l’altra, diviene allora possibile quel sincretismo che permetta a Borghezio di tenere unita la "Padania", improvvisamente campionessa di cristianità di oggi, alla "Padania" della croce celtica dell’altro ieri. Chissà se verrà detto ai pellegrini leghisti, però, di come il Guénon, che su invito di Evola scriveva su "Il regime fascista", non solo si sposò con una donna musulmana, ma si convertì lui stesso all’Islam. 


16 febbraio, 2008

110 anni dal J'Accuse...

Se c’era un traditore, questi non poteva che essere un ebreo. E il traditore c’era – lo dimostrava il rinvenimento del borderau, una distinta di informazioni militari confidenziali passate ai tedeschi. E pure l’ebreo c’era: il capitano Dreyfus, "il primo ebreo accettato allo Stato maggiore".

Dell’arresto per spionaggio di un ufficiale dell’Esercito, fu Le Figaro il primo a dare notizia. Ma è alla prima pagina del quotidiano La Libre Parole di Edouard Drumont ("Alto tradimento. Arresto dell’ufficiale ebreo A. Dreyfus") che si deve l’apertura della campagna antisemita. Perché a fronte di un pregiudizio popolare cristallizzato da secoli ( lo stesso Voltaire concludeva la voce "Ebreo" del suo Dizionario filosofico con questa raccomandazione: "tuttavia non occorre bruciarli") al grosso della stampa parigina venne facile e spontaneo accodarsi a Drumont e invitare i lettori al linciaggio dei francesi ebrei, "traditori per nascita".

A porte chiuse e all’unanimità i giurati del tribunale militare decidono quindi per la degradazione del capitano Dreyfus e per il suo esilio all’Isola del Diavolo. E se alcuni (tra cui Lucien Herr della Scuola normale superiore, Émile Duclaux dell’Istituto Pasteur e Léon Blum e Jean Jaures della Revue Blanche) convinti dell’innocenza di Dreyfus reclamano la revisione del processo, la stampa antisemita risponde che la loro é " una macchinazione per colpire l’onore dell’Esercito e dello Stato": "gli ebrei usciranno schiacciati, annientati, destinati per secoli all’esecrazione di tutti i francesi e braccati come bestie selvatiche", assicura Le Journal de l’Aveyron.

Scoperta la vera identità del traditore – un comandante indebitato dal gioco, Ferdinand Esterházi- pure il colonnello Georges Picquart, capo dell’ufficio informazioni dello Stato Maggiore, chiede la revisione, ma subito viene allontanato in Tunisia e in seguito arrestato.

Per mettere "la verità in marcia" occorre un gesto inusitato. E un romanziere di successo decide, abbracciando l’impopolarità, di accantonare momentaneamente la propria opera per gettarsi a gamba tesa nelle vicende della Cité , incorrendo così deliberatamente negli articoli della legge sulla stampa che puniscono i reati di diffamazione: è il solo modo per portare il caso Dreyfus in sede di dibattimento civile dove sarà possibile tentare di restituire i fatti alla loro trasparenza.

Scrive quindi una lettera aperta al Presidente della Repubblica e la consegna alla rivista L’Aurore che la pubblica con il titolo "J’Accuse...!". A firma di Émile Zola, il 13 gennaio 1898 nasce la figura moderna dell'intellettuale, dell’"uomo di cultura che si fa uomo politico" e che mette in campo la sua autorità. "È mio dovere parlare, non posso rendermi complice", spiega Zola nella sua accusa, prima di denunciare le autorità militari per "aver sfruttato il patriottismo ai fini dell’odio e per essersi appoggiate alla stampa ignobile al fine di fuorviare l’opinione pubblica e di utilizzarla per un’impresa di morte dopo averla fatta delirare".

Poco importa che il termine "intellettuale" venga dapprima adottato in senso dispregiativo dal critico letterario Ferdinand Brunetière per indicare quegli scrittori che tradirebbero la loro "missione" occupandosi, come Zola, di fatti estranei alla loro attività e di cui non hanno conoscenza tecnica. Se per Brunetière il caso Dreyfus non appariva che come un circoscritto e "tecnico" caso di spionaggio militare, per i dreyfusardi esso già si ammantava di universalità configurandosi innanzitutto come questione di dignità umana e di tutta un’umanità violata in un uomo solo ( i dreyfusardi sempre nel gennaio del 1898 rivendicheranno con orgoglio il loro essere "intellettuali" riunendosi nella Lega dei diritti dell’Uomo).

E poco importa pure che il processo contro Zola non abbia poi prodotto gli effetti sperati e che Dreyfus verrà liberato solo in seguito ad amnistia sul finire del 1899 per essere infine riabilitato e reintegrato nell’Esercito nel 1906. Perché a distanza di centodieci anni ci resta tutta l’indignazione di quel gesto solitario e coraggioso che, nell’atto di scrivere una lettera, sfida e diffama l’opinione pubblica, per ristabilire una questione di principio e per ribellarsi, con il proprio "io", all’Autorità costituita che si fa arroganza, da un lato, e alla "pancia" del popolo, dall’altro.

E di Zola ci resta pure quel "Per gli ebrei", pubblicato su Le Figaro al montare dell’Affare Dreyfus, di cui vale la pena sottolineare alcuni passaggi: "Cosa si rimprovera agli ebrei? Taluni dicono di non poterli soffrire, di non poter dar loro la mano senza provare un brivido di ripugnanza. Allora ritorniamo alle caverne e ricominciamo la barbara guerra tra specie e specie. Lo sforzo delle civiltà è proprio quello di cancellare questo sforzo selvaggio di gettarsi sul proprio simile quando non è del tutto simile.

Gli ebrei sono accusati di essere una nazione nella nazione, si sposano tra loro , conservano strettissimi legami di famiglia; mostrano, nel loro isolamento , una straordinaria forza di resistenza. Sono pratici e avveduti di natura. Ma gli ebrei sono opera nostra, sono l’opera di milleottocento anni di imbecille persecuzione. Li abbiamo rinchiusi entro quartieri infami, come lebbrosi, e ci meravigliamo che abbiano vissuto appartati. Li abbiamo schiaffeggiati, ingiuriati, colmati di ingiustizie e di violenze; niente di strano perciò se in fondo al cuore, magari inconsapevolmente, hanno conservato la speranza di una lontana rivincita.

Siamo più di duecento milioni di cattolici , gli ebrei sì e no sono cinque milioni, eppure tremiamo, chiamiamo le guardie, ci mettiamo a schiamazzare di terrore come se orde di predoni si fossero abbattute sul paese. Si finisce per crearlo, un pericolo, gridando ogni mattina che esiste. A forza di mostrare al popolo uno spauracchio, si crea il mostro reale. Dobbiamo invece arricchirci delle loro qualità, poiché ne hanno. Far cessare la guerra delle razze mescolando le razze."


Stona il termine "razze", certo - ma si tratta di un testo vecchio più di un secolo. Eppure sostituiamo "ebrei" con "rom" e otteniamo il miglior intervento che, magari a seguito dei fatti di Tor di Quinto del novembre scorso, un intellettuale avrebbe potuto firmare accettando la responsabilità di sfuggire ai facili consensi per rispondere – contro ogni interesse e convenienza- al richiamo della ragione che si oppone alla pericolosa passione degli animi.


Radio Padania attacca Gad Lerner

"Mi chiedo perché gli ebrei non lo espellano dalla loro comunità", si lamenta uno. "E’ un nazista rosso", rilancia un altro. "Io lo vado a prendere in sinagoga per il collo...", ribatte il moderatore. Già, il moderatore: perché questo è solo un estratto degli interventi di alcuni ascoltatori di Radio Padania Libera durante la rubrica "Filo diretto" di Leo Siegel, ex missino ed esponente della corrente liberal-libertaria (!) del movimento leghista.

Il destinatario di tanto risentimento? Gad Lerner. La sua colpa? L’essersi chiesto - durante una puntata del suo L’Infedele (La7) - se l’attuale infastidita preoccupazione di alcune realtà locali sul "dove mettere i rom" non possa lasciar prospettare - tempo qualche decennio - scenari da "soluzione finale".
 

Durante la trasmissione, Lerner non ha nemmeno accusato esplicitamente la gente leghista di razzismo o di xenofobia, non l'ha persino fatto davanti a chi protestava contro un insediamento di nomadi ostentando magliette e striscioni con frasi quali "Zingari vi odiamo" e "Zingari = merda".

Che a Leo Siegel e al suo pubblico, quindi, non sia semplicemente andato giù l’accostamento tra rom ed ebrei per via di una radicata e gelosa sensibilità alle vicende del "popolo del Libro"? Che Leo Siegel, cioè, nel dibattito tra singolarità storica o meno della Shoah condivida la prima tesi e rifiuti pure la terza, quella degli intellettuali ebrei che, seguendo Lévinas nella rappresentazione del passato come di un questione che non smette di interrogare il presente, pur mantenendo ferma l’unicità della Shoah, la ritengono atta a servire da metro di vigilanza su crimini presenti o a venire?

Nient’affatto. Siegel anzi finisce proprio con il banalizzare il dramma ebraico, se addirittura si spinge ad invocare contro l’"operazione sconcia" del "nasone ciarlatano" (così lui definisce Gad Lerner) un "processo di Norimberga per lesa immagine". E, nella corsa al "dargli addosso allo zingaro", tra i tanti insulti ai rom in quanto tali inesorabilmente riemergono anche i vecchi pregiudizi antisemiti: "Meglio usurai (ebrei,ndr) che schiavisti (rom)", si sfoga un ascoltatore.

Si obietterà che si tratta dei soliti toni, coloriti e forti, di programmi radiofonici aperti a contributi telefonici "senza filtri né censura". Il problema è che gli ascoltatori di Leo Siegel dialogano e si confrontano con il conduttore. E il conduttore che fa? Cerca di moderare i toni, appunto? Prova a correggere, dove possibile, il tiro? Ad avventurarsi in distinzioni tra forma e contenuto? Ad accettare certi sfoghi solo a condizione di bollarli come provocazioni intellettuali?

No: Leo Siegel ascolta, condivide e si affanna a ringraziare per gli interventi. Addirittura talvolta rincara la dose. "Anche i rom venivano massacrati nei campi di concentramento", ricorda un ascoltatore. Ribatte Leo Siegel: "Sicuramente c’è stata la persecuzione di questo popolo, ma sarebbe facile fare battute sul perché e per come".

Disarmante cinismo contro il quale a nulla serve appellarsi alle lezioni della Storia. Perché Siegel evidentemente la conosce, la Storia; e del nazismo conosce pure la nefandezza del Porrajmos, lo sterminio degli "zingari". Solo che la lezione che lui ne trae giustifica Himmler e colpevolizza i rom. 

Nessun timore, però: Leo Siegel non auspica per i tempi presenti né forni crematori né camere a gas. "Credo che oggi ci possano essere metodi più democratici e civili", replica, sorridendo, all’ascoltatore che definisce i rom "una razza bastarda da sterminare, per la quale ci vorrebbe un uomo come quello coi baffetti". E puntualizza: "Noi siamo gandhiani".

Daniele Sensi, L'Unità, 20/10/2007