La Lega dei diritti dell’uomo (sorta all’epoca dell’Affaire Dreyfus) l’ha definita "un’operazione illegittima che mira a dividere i cittadini francesi tra ben accetti e indesiderati"; Sos Racisme ne ha denunciato i propositi xenofobi e antislamici, promuovendo un appello sottoscritto da intellettuali, cantanti, attori, registi, sportivi, senatori, sindaci e deputati; il Partito socialista ha invitato tutti i suoi rappresentanti locali a boicottarne gli incontri, perché "indegni" e "inaccettabili"; Bayrou, leader del partito di centro, ha accusato i promotori di comportarsi da "manovratori che per calcolo elettorale si mettono a far leva sulle peggiori pulsioni della gente"; persino la stampa conservatrice ha espresso riserve: il settimanale Le Point ha parlato di "stato febbrile di una maggioranza pronta a tutto per riaccendere gli entusiasmi prima delle Regionali".
Tanto osteggiato in Francia, il "Dibattito sull’identità nazionale" indetto dal governo Sarkozy (100 prefetti e 350 viceprefetti mobilitati d’ufficio dal ministero dell’Immigrazione su tutto il territorio nazionale al fine di intavolare dibattiti pubblici sul tema: "La nostra è una Repubblica multiculturale? Di quali valori è fatta la nostra identità?") raccoglie tuttavia sostegno in Italia. Non da parte di Pdl o Lega, ma del Partito democratico. "È un’esperienza interessante che l’Italia dovrebbe copiare”, ha commentato oggi Enrico Letta.
Della vicenda, Bernard-Henri Lévy ha scritto: "Identità si dice dei soggetti, non delle collettività; si dice al plurale, mai al singolare; e dimenticarlo, ridurre una nazione alla rigidità di una supposta ‘identità’, significa impoverirla, farla morire, proprio quando le si vorrebbe dare fiducia nel suo avvenire (...). Tuttavia, se proprio esiste un'identità in panne, questa è l'identità europea".
Ecco, il Partito democratico dovrebbe forse ripartire da lì, dalla nuova dimensione del nostro stare insieme, anziché mascherare la propria indecisa e confusa visione del mondo dietro a posticce bandiere tricolore agitate senza entusiasmo, con un'ambiguità che, anziché arginare, blandisce un'ondata di ripiegamento identitario che non coinvolge questo o quel paese, ma l’Europa nel suo insieme.