28 novembre, 2008

Il leghista Matteo Salvini espulso da Facebook

Matteo Salvini piagnucola. “M’hanno sospeso l’account su Facebook, senza preavviso e senza spiegazioni. Ed ero arrivato ad avere duemila contatti…”. Poveretto, pensare che lui, negato di informatica, a quella piattaforma s'era proprio affezionato. Ogni giorno, intervenendo su Radio Padania in collegamento telefonico dalla Camera dei Deputati, non perdeva occasione per dire quanto Facebook fosse divertente, bello, entusiasmante, spassoso, eccetera eccetera...

Account sospeso, pare, per eccessivo smanettamento: “L’altro giorno la sinistra ha fatto ostruzionismo e le alternative erano il suicidio o il computer, e quindi io sono stato lì, ad ammazzare il tempo… sono stato collegato un sacco, e magari avrò fatto troppe robe”. Il ragazzo si annoia e quelli, insensibili, che fanno? Gli tolgono il giocattolo dalle mani. Che mondo senza cuore!

Matteo Salvini, che quando sgomberavano i campi nomadi di Milano si rammaricava di non poter condividere lo “spettacolo” con gli ascoltatori di Radio Padania Libera; Matteo Salvini, che al mercato della Bovisa rassicurava su quanto fosse “più facile debellare i topi che non gli zingari”. Matteo Salvini, che ora se ne sta lì tutto sconsolato perché “quando ti levano l’account è come se ti moncassero una mano, è una roba bastarda”. Matteo Salvini, che non sa che roba bastarda è quando ti levano il permesso di soggiorno o ti sgomberano la sola casa che hai.


20 novembre, 2008

L'estrema destra francese a lezione da Borghezio

Si stringono sempre di più i rapporti del leghista Mario Borghezio con l’estrema destra francese. Lo scorso settembre l’amicizia oramai consolidata con l’identitarismo d’Oltralpe aveva portato l’eurodeputato del Carroccio a presenziare ai lavori per il rientro estivo di Nissa Rebela. Il padrone di casa, Philippe Vardon, di lì a poco sarebbe stato condannato dalla Corte d’appello d’Aix-en-Provence per incitamento all’odio razziale (cinquemila euro di ammenda, quattro mesi di carcere con la condizionale e sospensione dei diritti politici per due anni). In quell’occasione, Mario Borghezio, chiamato a relazionare sull’esperienza degli "identitari al governo dell’Italia", aveva invitato a rivalutare Julius Evola, il cui lavoro "fornisce i fondamenti metafisici e spirituali della battaglia identitaria". Ora è il Club de l’Horloge (espressione, con il Grece di Alain de Benoist, della Nuova destra francese) ad annunciare, in un comunicato stampa, la presenza di Borghezio all'Università annuale di dicembre, un ciclo di conferenze dedicato al populismo ("soluzione per un’Europa in crisi") durante il quale verrà anche analizzata l'"originalità della Lega Nord, un movimento che ha saputo imporre il proprio peso alla coalizione di governo". 

Si rinnova, dunque, l’interesse dell'intricata rete della destra estrema francese per il "laboratorio Italia", tanto che negli ultimi mesi si sono moltiplicate le parole d'elogio per il movimento leghista (capace di stringere alleanze di governo e, allo stesso tempo, di esprimere rivendicazioni tali da far apparire "timidi boy scout" i Le Pen d’Oltralpe). Non è un caso che a tentare una sintesi dei rapporti tra Lega Nord e PdL sia il Club de l’Horloge, ossia un circolo che nel passato ha preparato il terreno per l'affermazione politica di Le Pen e che adesso lavora per l’unità delle destre (moderate e non) al fine di mettere fine all’isolamento del Fronte Nazionale e  riuscire a traghettare l’estrema destra al Governo. Un "laboratorio di idee per la destra", il Club de l’Horloge, ispirato ad una concezione evoluzionistica della storia, alle teorie delle diseguaglianze naturali tra individui e gruppi di individui, e che, "contro l’ideologia dominante, espressione dell’utopia egualitaria", chiede la riabilitazione della pena capitale. Al convegno è inoltre annunciata la partecipazione di Frank Vanhecke, rappresentante dell'ultradestra fiamminga dei Vlaams Belang e compagno di lotta in sede europea dell’onorevole Borghezio. A Frank Vanhecke, martedì scorso, il Parlamento europeo ha revocato l’immunità parlamentare a seguito di una indagine della Procura belga per propaganda razzista. 

Daniele Sensi (per l'Unità.it)

10 novembre, 2008

"L'Obama italiano? E' Umberto Bossi"

Pare che la ricerca sia terminata e che il Barack Obama italiano –pardon, “padano”- sia stato identificato. Per tutti questi anni lo abbiamo avuto sotto gli occhi e, anziché apprezzarne lo slancio visionario e la disinvoltura lessicale, noi, sciocchi, ne abbiamo deprecato le gesta e gli strappi all’etichetta. Come non cogliere lo stesso idealismo del neoeletto presidente degli Stati Uniti d’America in comizi infarciti di “patti di sangue”, “bingo bongo”, “ce l’abbiamo duro” e “baionette in canna”? Non ci sono dubbi: il nostro Obama è Umberto Bossi. 

O almeno non ne dubita Edouard Ballaman, presidente del Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia, che, di ritorno da un viaggio negli States dove avrebbe incontrato importanti personalità dello staff democratico, dai microfoni di Radio Padania Libera esorta i fratelli leghisti a riflettere su come «la campagna elettorale di Obama ha puntato molto sui sentimenti e sul cuore, ovvero su quella capacità di far sognare tipica di Bossi». Ballaman spiega che i democratici d’oltreoceano non avrebbero nulla a che vedere con Walter Veltroni, poiché «il Partito democratico italiano e quello americano non hanno che il nome in comune, mentre solo la Lega, un movimento popolare che sta tra la gente, condivide con i democratici statunitensi la stessa preoccupazione di andare incontro alle classi e alle categorie più svantaggiate». Non che Lega Nord e Partito democratico americano stiano sullo stesso livello, intendiamoci, poiché, sebbene «Obama è lontano dai socialisti e non si situa né a destra né a sinistra, proprio come la Lega», non è detto che la nuova amministrazione americana si dimostri nei fatti tanto capace quanto gli “omologhi padani”, considerato che «se è facile vincere le elezioni, il difficile è poi rispondere correttamente ai bisogni dei cittadini come stanno facendo i nostri ministri Calderoli, Maroni, Zaia e Bossi». 

Non resta dunque che attendere il 20 gennaio prossimo, quando, sulle note dell'Inno nazionale, il 44° Presidente degli Stati Uniti mostrerà soddisfatto, in mondovisione, il dito medio. 

Daniele Sensi (per l'Unità.it)