La sponda piemontese del Lago Maggiore come il deserto per Gesù, come il
Sinai per Mosè e come il fiume del divenire per Siddharta. Un
soggiorno nel Verbano-Cusio-Ossola da cui Pierluigi Pellegrin,
conduttore di Radio Padania Libera, questa estate è tornato cambiato,
consapevole: «Non ho visto un solo immigrato, e le cose funzionavano
benissimo. I ristoranti erano più efficienti, perché è molto più
semplice parlare con un cameriere nostrano piuttosto che con un
thailandese o un marocchino». Un'autentica rivelazione: «Durante quella
settimana ho provato una sensazione di inaudita libertà, ho sentito di
vivere in una società a mia dimensione, a mia misura. Mi sono sentito
finalmente libero». Da quella breve vacanza, il senso di una missione:
«Lì ho capito che bisogna stare attenti prima di arrendersi all'orda
dell'immigrazione come a un qualche cosa di inevitabile».
Una
palingenesi interiore da cui è nata "Mai più senza società
multiculturale", la più giovane tra le rubriche dell'emittente di via
Bellerio, una delle poche che, in una Lega oramai lacerata, riesca
ancora a mettere tutti d'accordo: maroniani e bossiani, fedeli al
cerchio magico e seguaci del "triangolo magico" (così Alessandro Vedani,
uno dei "dissidenti" di Varese, su Facebook: «Al cerchio magico, io
preferisco il triangolo magico, quello femminile»).
Improntata
ad una concezione della giustizia a "preferenza nazionale" («Lite tra un
veronese e un extracomunitario. La giustizia italiana a chi ha dato
ragione secondo voi? All'extracomunitario»), "Mai più senza" è una
rassegna stampa focalizzata su crimini più o meno gravi compiuti da
cittadini stranieri nel nord Italia; un resoconto ossessivo di scippi,
furti, razzie e aggressioni, con il conduttore che senza sosta calca il
tono sulle nazionalità dei lori autori: marocchini, tunisini, albanesi,
rumeni, ma anche russi, ucraini e moldavi, perché «la nostra è una
rubrica ecumenica, non si dica che siamo sempre anti-islamici». Scopo:
mostrare «quale risorsa, quale opportunità per il nostro futuro» siano
«questi immigrati che ci portano il loro modo di essere, il loro
pensiero, la loro lingua, la loro umanità e che a Venezia, ad esempio,
spacciano cocaina nel centro storico». Uno spazio di «resistenza
all'assuefazione mondialista» che riesuma un linguaggio che credevamo
oramai lontano: «Domandina a voi che ascoltate: chi sono peggio, questi
negri che oramai ci impediscono di vivere a casa nostra o coloro che li
sostengono?».
In onda ogni giorno all'ora di cena, la rubrica
si trascina per una decina di minuti in una lettura della cronaca locale
che è tutto un chiosare e postillare, con l'immigrazione che ne esce
rappresentata come un fenomeno inevitabilmente criminogeno: polizia
arresta due spacciatori? «Si tratta di due magrebini, naturalmente»;
appuntamento al buio finisce in stupro e botte? «Artefice dell'impresa,
ovviamente, è un albanese»; aggredito all'uscita di un'agenzia di
viaggi? «Da un gruppo di extracomunitari, e da chi se no». Bersaglio
privilegiato restano i nomadi: «Due ragazzini dodicenni rubano cinque
euro all'insegnante di educazione fisica... Due ragazzini? No, due
zingari!»; «due zingarelle scippano anziana per strada... Io avrei
detto due bastarde»; «diciassettenne picchiata dal ragazzo...
Indovinate? Il ragazzo è un nomade, uno zingaro! Oltre alla conclamata
abitudine del furto, hanno evidentemente anche quella di picchiare le
donne».
Un rosario dell'odio che non si ferma neppure davanti
all'infanzia. Verona: l'associazione Medici per la Pace avvia un
programma di copertura vaccinale per un gruppo di bambini rom di origine
rumena. Questo il commento di Pellegrin: «Sarebbe una fantastica
notizia, se esistesse il vaccino antifurto». Sempre Pellegrin, dopo
aver riferito di un assalto in villa operato da una banda di immigrati
albanesi: «Per la serie le buone notizie non arrivano mai da sole, quasi
la metà dei bambini nati a Susegana, nel trevigiano, è straniera. Un
futuro pieno di opportunità multiculturali come quelle di cui vi ho dato
notizia».
Pierluigi Pellegrin assicura tuttavia di non voler
generalizzare: «Mi rendo conto che la mia rubrica comporti questo
rischio, ma è un rischio che dobbiamo correre». A riprova, racconta di
una commessa che, aiutata («pensate un po'») da un senegalese, rincorre e
atterra un ladro («guarda caso, un georgiano»): «La notizia di un
immigrato che aiuta a sventare un furto è come la notizia dell'uomo che
morde il cane». In una rassegna stampa che conosce solo delinquenza
allogena («Arrestato pusher che spacciava ai ragazzini... Un pusher
magrebino, mica udinese, pordenonese o bergamasco»), nonostante
l'accurata selezione delle notizie, talvolta capita che anche cognomi
veneti o lombardi facciano capolino tra quelli dei criminali. Ma il
conduttore non si scompone: «Arrestati tre spacciatori.... Una è
italiana, ma comunque sta con l'africano»; oppure: «Beccato senza
biglietto a bordo di un autobus, ragazzo picchia il controllore.... Il
ragazzo è italiano, ma insieme a lui c'era un nordafricano». Quando il
cognome tradisce origini meridionali, non c'è però "attenuante" che
tenga: «Inscena finta rapina per finanziare un secondo colpo ma viene
bloccato dagli agenti... L'arrestato è un calabrese. Anche questa è la
società multiculturale».
Daniele Sensi (per l'Espresso)
Tag: I deliri di Radio Padania, lega nord, pierluigi pellegrin, radio padania
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