24 ottobre, 2011

La Lega a pezzi attacca i "negri"

La sponda piemontese del Lago Maggiore come il deserto per Gesù, come il Sinai per Mosè e come il fiume del divenire per Siddharta. Un soggiorno nel Verbano-Cusio-Ossola da cui Pierluigi Pellegrin, conduttore di Radio Padania Libera, questa estate è tornato cambiato, consapevole: «Non ho visto un solo immigrato, e le cose funzionavano benissimo. I ristoranti erano più efficienti, perché è molto più semplice parlare con un cameriere nostrano piuttosto che con un thailandese o un marocchino». Un'autentica rivelazione: «Durante quella settimana ho provato una sensazione di inaudita libertà, ho sentito di vivere in una società a mia dimensione, a mia misura. Mi sono sentito finalmente libero». Da quella breve vacanza, il senso di una missione: «Lì ho capito che bisogna stare attenti prima di arrendersi all'orda dell'immigrazione come a un qualche cosa di inevitabile».

Una palingenesi interiore da cui è nata "Mai più senza società multiculturale", la più giovane tra le rubriche dell'emittente di via Bellerio, una delle poche che, in una Lega oramai lacerata, riesca ancora a mettere tutti d'accordo: maroniani e bossiani, fedeli al cerchio magico e seguaci del "triangolo magico" (così Alessandro Vedani, uno dei "dissidenti" di Varese, su Facebook: «Al cerchio magico, io preferisco il triangolo magico, quello femminile»).

Improntata ad una concezione della giustizia a "preferenza nazionale" («Lite tra un veronese e un extracomunitario. La giustizia italiana a chi ha dato ragione secondo voi? All'extracomunitario»), "Mai più senza" è una rassegna stampa focalizzata su crimini più o meno gravi compiuti da cittadini stranieri nel nord Italia; un resoconto ossessivo di scippi, furti, razzie e aggressioni, con il conduttore che senza sosta calca il tono sulle nazionalità dei lori autori: marocchini, tunisini, albanesi, rumeni, ma anche russi, ucraini e moldavi, perché «la nostra è una rubrica ecumenica, non si dica che siamo sempre anti-islamici». Scopo: mostrare «quale risorsa, quale opportunità per il nostro futuro» siano «questi immigrati che ci portano il loro modo di essere, il loro pensiero, la loro lingua, la loro umanità e che a Venezia, ad esempio, spacciano cocaina nel centro storico». Uno spazio di «resistenza all'assuefazione mondialista» che riesuma un linguaggio che credevamo oramai lontano: «Domandina a voi che ascoltate: chi sono peggio, questi negri che oramai ci impediscono di vivere a casa nostra o coloro che li sostengono?».

In onda ogni giorno all'ora di cena, la rubrica si trascina per una decina di minuti in una lettura della cronaca locale che è tutto un chiosare e postillare, con l'immigrazione che ne esce rappresentata come un fenomeno inevitabilmente criminogeno: polizia arresta due spacciatori? «Si tratta di due magrebini, naturalmente»; appuntamento al buio finisce in stupro e botte? «Artefice dell'impresa, ovviamente, è un albanese»; aggredito all'uscita di un'agenzia di viaggi? «Da un gruppo di extracomunitari, e da chi se no». Bersaglio privilegiato restano i nomadi: «Due ragazzini dodicenni rubano cinque euro all'insegnante di educazione fisica... Due ragazzini? No, due zingari!»; «due zingarelle scippano anziana per strada... Io avrei detto due bastarde»; «diciassettenne picchiata dal ragazzo... Indovinate? Il ragazzo è un nomade, uno zingaro! Oltre alla conclamata abitudine del furto, hanno evidentemente anche quella di picchiare le donne».

Un rosario dell'odio che non si ferma neppure davanti all'infanzia. Verona: l'associazione Medici per la Pace avvia un programma di copertura vaccinale per un gruppo di bambini rom di origine rumena. Questo il commento di Pellegrin: «Sarebbe una fantastica notizia, se esistesse il vaccino antifurto». Sempre Pellegrin, dopo aver riferito di un assalto in villa operato da una banda di immigrati albanesi: «Per la serie le buone notizie non arrivano mai da sole, quasi la metà dei bambini nati a Susegana, nel trevigiano, è straniera. Un futuro pieno di opportunità multiculturali come quelle di cui vi ho dato notizia».

Pierluigi Pellegrin assicura tuttavia di non voler generalizzare: «Mi rendo conto che la mia rubrica comporti questo rischio, ma è un rischio che dobbiamo correre». A riprova, racconta di una commessa che, aiutata («pensate un po'») da un senegalese, rincorre e atterra un ladro («guarda caso, un georgiano»): «La notizia di un immigrato che aiuta a sventare un furto è come la notizia dell'uomo che morde il cane». In una rassegna stampa che conosce solo delinquenza allogena («Arrestato pusher che spacciava ai ragazzini... Un pusher magrebino, mica udinese, pordenonese o bergamasco»), nonostante l'accurata selezione delle notizie, talvolta capita che anche cognomi veneti o lombardi facciano capolino tra quelli dei criminali. Ma il conduttore non si scompone: «Arrestati tre spacciatori.... Una è italiana, ma comunque sta con l'africano»; oppure: «Beccato senza biglietto a bordo di un autobus, ragazzo picchia il controllore.... Il ragazzo è italiano, ma insieme a lui c'era un nordafricano». Quando il cognome tradisce origini meridionali, non c'è però "attenuante" che tenga: «Inscena finta rapina per finanziare un secondo colpo ma viene bloccato dagli agenti... L'arrestato è un calabrese. Anche questa è la società multiculturale». 

Daniele Sensi (per l'Espresso)



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Daniele Sensi

Ho scritto sull'Unità.it e per il sito dell'Espresso. Sul sito dell'Espresso ho anche tenuto un blog. Ora scrivo per me.


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