Care pirla e cari pirla

Messaggio alla Nazione del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano

Care pirla e cari pirla che avete consumato diottrie a studiarvi le norme elettorali fino all’ultimo codicillo in corpo 2, avete consumato scarpe andando in giro a raccogliere firme regolari, vi siete congelati stazionando per ore ai banchetti per convincere i passanti a sottoscrivere le liste, avete rinunciato al tempo libero per inseguire gli autenticatori in capo al mondo e vi siete svegliati alle tre del mattino per presentarvi per tempo agli uffici elettorali, questo discorso a reti unificate è dedicato a voi imbecilli ancora convinti di vivere in uno Stato di diritto, in una democrazia fondata su elezioni regolari, cioè conformi alle leggi vigenti.

Spiacente di informarvi, casomai non ve ne foste ancora accorti, che viviamo in un regime fondato sulla legge del più ricco e del più forte, di chi grida e minaccia di più. Una legge che varia a seconda delle esigenze del più prepotente. Se, puta caso, costui vìola la legge, non ha sbagliato lui: è sbagliata la legge, che viene cambiata su due piedi. Se poi, puta caso, la Costituzione non lo consente, non è sbagliata la nuova legge: è sbagliata la Costituzione. Che si può cambiare come un calzino  sporco . Se penso che da cinquant’anni mi chiamano “il figlio del re” per la mia somiglianza con Umberto II, mi scompiscio. Hanno sbagliato re: io sono l’erede di Vittorio Emanuele III, quello che nel 1922 non mosse un dito contro la marcia su Roma e nel 1943 se ne fuggì a Brindisi. Sempre di notte. Infatti quando ho firmato il decreto salva-Banana? Di notte. Del resto chi sono io per respingere una legge con messaggio motivato alle Camere come previsto dall’articolo 74 della Costituzione? Mica sono il garante della Costituzione. L’ho già detto per lo scudo fiscale: se non firmo, quelli mi rimandano indietro la stessa legge e poi devo firmarla comunque. Tanto vale farlo subito. A chi mi prospetta le dimissioni, rispondo che non conosco questa parola: sono in Parlamento dal 1953, figuriamoci. E in vita mia ho fatto ben di peggio che firmare leggi illegali: ho plaudito all’invasione sovietica dell’Ungheria, ho attaccato Berlinguer che evocava la questione morale, ero amico di Craxi, ho scritto pure alla vedova che il marito corrotto era un perseguitato. 

Conosco l’obiezione: non c’è elezione senza qualche lista esclusa per ritardi o irregolarità. In Molise nel 2000 aveva vinto la sinistra con Giovanni Di Stasi, poi la destra di Michele Iorio fece ricorso contro alcune liste irregolari, Tar e Consiglio di Stato lo accolsero, si rifecero le elezioni e vinse Iorio che ancora governa. E il governo D’Alema non ci pensò neppure di fare un decreto per legalizzare le illegalità: peggio per lui, poi dicono che è intelligente. Del resto al Quirinale c’era ancora Ciampi, mica io. Due anni fa invece c’ero già io, quando alle Provinciali in Trentino venne esclusa, dopo i ricorsi di Lega e Pdl, la lista Udc alleata della sinistra. Nemmeno allora l’Unione pensò di salvarel’alleato con un decreto interpretativo: peggio per loro, pirla. 

Ecco, care pirla e cari pirla: la prossima volta, anziché prendere sul serio la legge e rischiare l’assideramento per raccogliere le firme e presentarle in tempo utile, fate come me: statevene a casetta vostra davanti al caminetto, con la vestaglia di lana e le babbucce di velluto. Poi fate come i bananieri: all’ultima ora dell’ultimo giorno vi presentate in Corte d’Appello con le firme tarocche di Romolo Augustolo, George Clooney, Giovanni Rana e soprattutto Gambadilegno, magari vi fate pure un panino e una pennica per non arrivare proprio in orario, poi minacciate la marcia su Roma, portate in piazza una dozzina di esaltati, mi urlate “buh” sotto le finestre del Quirinale, mi fate sparare dai vostri giornali e io vi firmo la qualsiasi. Anche la lista della spesa, il menu del ristorante, la ricevuta del parrucchiere, lo scontrino dell’intimissimo. Tanto Santoro l’hanno chiuso e per un mese non rompe con le sue notizie: fa tutto Minzolini, che sta dalla parte del Banana, cioè dalla mia. 

Statemi allegri. Il vostro presidente della Repubblica. Vostro, si fa per dire.

Marco Travaglio, 7.03.2010
(ora disponibile anche sul blog del Fatto)